lunedì 3 marzo 2014

Ciao Harry! Riflessioni (sentimental-letterarie) al termine di un percorso di letture Potteriane

1. La scoperta di un mondo di carta



Personalmente appartengo a quella parte di pubblico che prima ha visto tutti i film di Harry Potter e in seguito ha deciso che era il momento di conoscere la vicenda autentica dei personaggi che aveva visto crescere nella saga cinematografica.
Ho quindi affrontato la lettura dei sette libri di J.K. Rowling come una lettrice “informata dei fatti”, conoscendo perfettamente il percorso disegnato dall'autrice. Ma allora, chi me lo ha fatto fare? Perché cimentarmi nella lettura di episodi magistralmente rappresentati nei film che mi avevano accompagnato per quasi un decennio?
Probabilmente perché avevo un sospetto: qualcosa non tornava, non tutto era stato detto dalla pellicola, alcune cose erano rimaste sulla carta.
Il mio sospetto era fondato, tuttavia la carta che avevo avuto a disposizione non disponeva di una traduzione su cui fare pieno affidamento, per cui ho aspettato pazientemente che fosse pubblicata un’edizione italiana “riveduta e corretta” da un unico team di traduttori, e che rispettasse un po’ di più le linee di continuità tracciate da una saga che era stata comunque pubblicata a puntate, seguendo anche  dei ritmi cinematografici.
La nuova edizione economica della Salani, curata da Stefano Bartezzaghi è di fatto venuta incontro alle mie esigenze, coniugando economicità e continuità consapevole dello stile traduttivo, e soddisfacendo la mia curiosità di lettrice.
Ho quindi intrapreso una lettura che è durata quasi un anno e che inizialmente  rispondeva alla mia necessità di scoprire cosa mancava nei film di Potter, ma che poi è diventata la scoperta di un mondo di carta di cui nella saga cinematografica si percepisce appena l’odore.
È vero: la carta non tradisce mai, e i mondi che costruisce sono densi di significato più di qualsiasi altro supporto, perché sono connessi intimamente con la vena fantastica  di ogni singolo lettore che li plasma e li colora di un’originalità tutta sua.
Di fatto la prima significativa scoperta che ho fatto è stata quella che io, Harry, Ron ed Hermione siamo più o meno coetanei: la sua storia si dipana negli anni in cui si è consumata la mia adolescenza (1991-1998), certamente questo è un nesso generazionale, e poco si adatta alla definizione di classico che è ormai necessario attribuire alla saga di Harry e dei suoi amici; tuttavia credo di aver istituito un legame privilegiato con le pagine che avevo cominciato a leggere perché sentivo la loro proporzionalità e affinità a uno specifico periodo della mia vita. Ho plasmato insomma un mio punto di vista, condivisibile con un’intera generazione e universalizzabile rispetto alle altre.
Ho appena fatto cenno alla definizione di classico assolutizzandola, e non indirizzandola specificamente ai ragazzi, i quali sono i destinatari privilegiati, ma non gli unici, delle vicende di Harry Potter.
In primo luogo la saga di Harry è un classico che si rivolge a tutti perché presenta diversi livelli di lettura. Il primo, quello superficiale, è più facilmente percepibile e  fruibile, in quanto vive della storia e nella storia costruita dall’autore, senza sovrasensi e strutture da scoprire, ed è in fondo quello sfruttato a livello cinematografico. Ci si concentra sulle avventure di Harry e dei suoi amici, seguendo un andamento tutto sommato lineare, senza eccessivi flashback o digressioni, che non siano funzionali alla vicenda principale.
Ma nei libri di Harry Potter le digressioni ci sono e aumentano in modo esponenziale a partire dal  Prigioniero di Azkaban, costruendo una rete di rapporti e interconnessioni intertestuali di spessore notevole; le vicende di Tom Riddle e quelle di Albus Silente, sono dei veri e propri racconti nel racconto,che mostrano l’una la caduta e l’altra l’ascesa, affatto priva di lati oscuri di due grandi personaggi della saga: l’antagonista per eccellenza, e il  'regista letterario' (l’artefice), entrambi desiderosi di sconfiggere la morte, sebbene con mezzi diametralmente opposti,ma in ogni caso estremi.

A ben vedere, un singolare collante tra i singoli romanzi è costituito dalle figure degli Elfi domestici, e dal loro complesso e controverso ruolo di aiutanti dei maghi: all’eroico (e pasticcione) Dobby che fa la sua apparizione in  Harry Potter e la Camera dei segreti, si affiancano la tormentata Winky, e soprattutto il sofferente Kreacher, elfo fedele, e incompreso nella sua dignità di servitore, della famiglia Black, e tutti gli elfi senza nome di Hogwarts.
Un  luogo della vicenda che assolve alla funzione di collante intertestuale è senz'altro la casa degli zii di Harry, in cui il ragazzo deve tornare ogni anno fino ai suoi 17 anni, in quanto è protetta dall'incantesimo del sangue che scorreva nella vene di sua madre Lily e scorre ancora in quelle di sua zia Petunia, figura controversa di sorella maggiore, diversa e infelice nella sua normalità che l’ha separata irrimediabilmente  dalla sorellina minore e che mostra una sua inaspettata, dolorosa, profondità.
E ancora un luogo intertestuale è la sempre affollata Tana dei Weasley, la casa in cui Harry scopre il vero significato di famiglia e apprezza il calore delle figure genitoriali di Arthur e Molly, il padre un po’ svampito ma sempre presente e la mamma - chioccia, energica e protettiva.
 Inutile soffermarsi sulla scuola di Hogwarts, millenario teatro di incontro e formazione che sulla carta coinvolge attivamente non solo la generazione di Harry, ma anche quella dei suoi genitori, di Tom Riddle e di Albus Silente.
I luoghi disegnati dalla carta sono del resto molteplici rispetto a quelli rappresentati nelle pellicole, e permettono ai lettori di costruire una sorta di ecosistema parallelo e intrecciato con quello babbano: Il binario Nove e 3/4 della stazione di Londra; Diagon Alley, luogo di intersezione fra in mondo dei maghi e degli uomini privi di poteri magici; il villaggio di Hongsmeade, ritrovo degli studenti di Hogwarts nei loro momenti di libertà; il numero 12 di Grimmauld Place, casa di Sirius Black ereditata da Harry dopo la sua tragica morte, e quartier generale dell’Ordine della Fenice; l’ospedale di San Mungo; la banca della Gringott e il Ministero della Magia con i loro misteriosi uffici e corridoi.

Harry e i suoi amici vivono in modo più completo nella carta, e nei libri molte interconnessioni che nei film sono appena percepibili diventano chiare e importanti, tanto da poter attribuire un peso totalmente differente ad alcuni episodi di carta rispetto a quelli di celluloide. In tal senso un episodio cinematograficamente poco riuscito, qual è L’Ordine della Fenice, mostra di avere una sua centralità nel mondo di carta di Harry: è infatti in questo romanzo che si delineano in modo chiaro alcuni motivi fondamentali che accompagneranno i lettori al termine della saga.  
La Pietra Filosofale e La Camera dei segreti costituiscono per Harry e per i lettori i romanzi di accesso a un altro modo parallelo, per cui hanno un tono più fiabesco nella loro relativa cupezza,  Il prigioniero di Azkaban  è il romanzo della conquista degli affetti familiari e dell’idealizzazione del passato,  Il calice di fuoco  è il punto di svolta della saga perché è di fatto il romanzo della rinascita di Lord Voldemort.
Con L’Ordine della Fenice la saga di Harry arriva a un inevitabile punto di svolta: nel suo quindicesimo anno di vita, il quarto che trascorrerà ad Hogwarts, e l’ultimo del suo primo ciclo di istruzione, al termine del quale dovrà infatti svolgere gli esami del G.U.F.O,  Harry sarà processato dal ministero della magia per essere stato costretto a fronteggiare un Dissennatore nel mondo babbano; conoscerà una delle sue più care amiche,  Luna Lovegood, e dovrà fronteggiare la minaccia di Dolores Umbridge, inviata ad Hogwards direttamente dal Ministero col ruolo di  insegnante di Difesa contro le Arti Oscure e in seguito di Inquisitore Supremo, e con lo scopo di mettere a tacere le voci del ritorno di Voltemort.
Proprio in aula si consuma un duro  confronto tra insegnate e allievi che mostra la maturazione di un interessate e attualissimo punto di vista:

-[...] è opinione del Ministero che una conoscenza teorica sarà più che sufficiente a farvi superare gli esami, e dopodutto è questo lo scopo della scuola.[...]-
-[...] e al G.U.F.O. non c’è anche una prova pratica di Difesa contro le Arti Oscure?-
-Se avete studiato abbastanza a fondo la teoria, non c’è ragione per cui non dovreste essere in grado di eseguire gli incantesimi durante gli esami, in circostanze di massima sicurezza-  rispose la professoressa Umbridge categorica.
- Senza mai averli  provati prima?-[...] -ci sta dicendo che la prima volta che potremo fare gli incantesimi sarà agli esami?-
-Ripeto che se avete studiato a fondo la teoria...-
-e a che cosa servirà la teoria nel mondo reale?- Intervenne Harry ad alta voce, la mano di nuovo levata.
La professoressa Umbridge alzò lo sguardo.
-Qui siamo a scuola, signor Potter, non nel mondo reale. - Disse piano.
- Allora non dobbiamo prepararci a ciò che ci aspetta là fuori?-
-Non c’è niente che ci aspetta là fuori, signor Potter.-[1]

È uno scambio di battute corale e multiprospettico, perché esprime dei bisogni che vanno oltre il velo fittizio delle vicenda che stiamo leggendo. Gli interrogativi che Harry e i suoi amici pongono all’insegnante, sono gli stessi che affliggono qualsiasi istituzione  educativa: il sapere  può essere scollato dall’esperienza senza diventare una sterile accozzaglia di teorie? L’interrogativo dona un’aura di concretezza a un mondo che altrimenti sarebbe solo ad esclusivo appannaggio della fantasia, e mostra il grado di maturazione dell’adolescente Harry che, all’interno di una scuola che ha scelto l’aridità nozionistica, recluterà e addestrerà insieme a Ron ed Hermione gli adepti di quello che chiamerà “l’esercito di Silente”.
L’Ordine della Fenice narra più di qualsiasi altro episodio della saga (per certi versi ancor più dei Doni della Morte) l’ingresso di Harry nell’età adulta, è di fatto il romanzo delle prese di coscienza, del primo confronto del giovane con un passato sconosciuto e idealizzato. In primo luogo il suo rapporto con Sirius Black si arricchisce di sfumature che gli mostrano le tristezze e le debolezze dell’uomo, spezzate dalla morte datagli da Bellatrix Lestrange, mentre tenta di difendere il suo figlioccio; all’umanizzazione di Sirius contribuiscono anche i ricordi di Severus Piton, violati dal giovane Harry, che scopre come il professore che considera spregevole, da studente sia stato vittima delle angherie di Black, di Remus Lupin e di suo padre James. è sempre in questo capitolo della saga che il legame tra la vita di Harry e  quella di Lord Voldemort si fa  più forte e inquietante: Harry è in grado di conoscere i pensieri del mago oscuro, e soprattutto è legato a lui (e al suo amico e compagno di scuola Neville Longbottom, nato nel suo stesso anno, alla fine di luglio, da genitori facenti parte dell’Ordine della Fenice)  da una oscura e dolorosa profezia di morte:

Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere il Signore Oscuro...nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato all’estinguersi del settimo mese...il Signore Oscuro lo segnerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto...e l’uno dovrà morire per mano dell’altro, perchè nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive...[2]

Harry è quindi il prescelto, e Albus Silente, un uomo e mago assai diverso da quello cinematografico,  profondo, tormentato e incline ad una misurata commozione, non può fare a meno di mostrargli questo legame:

- La registrazione ufficiale è stata rietichettata dopo l’attacco di Voldemort contro di te. Il custode della Sala delle Profezie era convinto che Voldemort avesse tentato di ucciderti perché sapeva che Sybill si riferiva a te-.
-allora...potrei non essere io?-
-Temo,- disse piano Silente, e sembrava che ogni parola gli costasse un enorme sforzo, -che su questo non ci siano dubbi:  sei tu-.
-Ma ha detto...anche Neville è nato alla fine di luglio...e i suoi genitori...-
-Dimentichi la parte che segue, l’elemento finale che identifica chi è in grado di sconfiggere Voldemort...Voldemort stesso lo  segnerà come suo eguale.  E così ha fatto, Harry. ha scelto te, non Neville. Ti ha inciso sulla fronte quella cicatrice, che si è dimostrata insieme una benedizione e una maledizione-.
-Ma potrebbe avere scelto il ragazzo sbagliato!- Esclamò Harry. -Aver segnato la persona sbagliata!.-
- Ha scelto il ragazzo che a suo parere aveva più probabilità di costituire un pericolo- Disse Silente. -e nota bene, Harry: non il Purosangue (che secondo il suo credo è l’unico mago degno di esistere) ma il Mezzosangue come lui [...]-
-[...] Perché ha tentato di uccidermi quando ero un neonato? Perché non ha aspettato che Neville o io crescessimo, per poi uccidere quello che gli sembrava più pericoloso...?-
-Sì, in effetti sarebbe stato logico -  disse Silente, - ma il fatto è che le sue informazioni sulla profezia erano incomplete. La Testa di porco, che Sybill aveva scelto perchè costava poco, ha sempre attratto una clientela più...come dire?... interessante dei Tre manici di Scopa. [...]Naturalmente, quando avevo fissato l’incontro con Sybill Trelawney, non potevo immaginare che avrei sentito qualcosa di importante. Ma ho - abbiamo - avuto un colpo di fortuna: l’ascoltatore indesiderato è stato individuato e buttato fuori quando Sybill aveva appena cominciato a declamare la profezia.-
-Perciò ha sentito solo...?-
-Solo l’inizio [...]-
-Harry chiuse gli occhi. Se non fosse corso a salvare Sirius, Sirius sarebbe morto...-La fine della profezia...” chiese, senza dare molta importanza alla risposta, più che altro per allontanare il momento in cui avrebbe dovuto pensare di nuovo a Sirius. -Come diceva...? Qualcosa come...nessuno dei due può vivere...-
-...se l’altro sopravvive - concluse Silente.
-Ma questo...- disse Harry, estraendo a fatica ogni parola dal profondo pozzo di disperazione che gli si era spalancato dentro, -questo significa che...uno di noi dovrà uccidere l’altro...alla fine?-
-Sì- rispose Silente.
Rimasero a lungo in silenzio. [...]
-Sento di doverti un’altra spiegazione, Harry- disse Silente esitando. -Ti sarai forse chiesto perché non ti ho nominato prefetto...Confesso...di aver pensato...che avevi fin troppe responsabilità sulle spalle-.
Quando Harry alzò lo sguardo, vide una lacrima scivolare sul viso di silente e scomparire dentro la lunga barba d’argento.[3]

Con la profezia della professoressa Trelawney Silente  pone Harry davanti alla dura verità, alla stregua di un oracolo greco, in una sovrapposizione di piani che fanno  del ragazzo un novello Oreste, e un Edipo, eroe involontario e infelice che fonde nella sua persona antico e moderno, assassino necessario per un bene superiore e incomprensibile.



ALLA PROSSIMA SETTIMANA PER CONOSCERE LA SECONDA PARTE DELLE NOSTRE RIFLESSIONI...

[1]J. K. Rowling, Harry Potter e l'Ordine della Fenice, Milano, Salani, 2012, p. 254.
[2] Ibidem, pp. 822-823.
[3]Ibidem, pp.823-826.

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