lunedì 22 giugno 2020

PICCOLE GRANDI FOLGORAZIONI FUMETTISTICHE: BASTAVA CHIEDERE DI EMMA (Editori Laterza 2020)


Intorno al mese di gennaio mi sono imbattuta in un post facebookiano recante un fumetto (parte di una graphic novel volendo fare la poliglotta) che mi ha piacevolmente colpita: si trattava della prima storia del libro Bastava chiedere della blogger francese Emma, pubblicato a febbraio di quest’anno da Laterza.

La storia, raccontata con una leggerezza e una facilità disarmante mi ha piacevolmente colpita, infatti mi sono riproposta di acquistarlo appena lo avrei trovato in libreria; cosa che ho fatto praticamente subito…è stato l’ultimo libro che ho acquistato prima del lockdown. Dovendo concludere qualche altra lettura l’ho messo in attesa…ma fortunatamente le attese non sono così lunghe quindi…reduce da didattiche a distanza varie ed eventuali…mi sono finalmente concessa questa lettura femminista.

La modalità fumettistica permette una facile fruizione di questo testo che ho praticamente divorato; avrei visto l’introduzione di Michela Murgia più come una postfazione perché ha giusto un pochino anticipato qualche concetto di troppo, (ma lì la colpa è mia come lettrice…le introduzioni, se non sono dell’autore, è meglio leggerle alla fine) tuttavia la scrittrice è riuscita a costruire un’aspettativa molto equilibrata, anche se non indispensabile.

Il concetto chiave di “carico mentale” introduce e sottende queste dieci storie di femminismo quotidiano, ed è senza alcun dubbio una piccola rivelazione per quante, come me, non bazzichino più di tanto (e lo dico con la massima umiltà) il mondo delle femministe.
“Carico mentale” è appunto quella condizione nella quale si trova un po’ tutto il genere femminile che si vede sommerso da un lavoro accudimento, di organizzazione e gestione domestica invisibile, continuo e sfiancante; questo lavoro si aggiunge (o nel peggiore dei casi, ovvero molto spesso, si sostituisce) alle occupazioni remunerative , e se le donne vogliono conciliare pubblico e privato si vedranno spesso costrette a demandare ad altre donne alcune mansioni che vengono loro culturalmente affibbiate dal genere maschile.
Il fil rouge che si dipana in questo adattamento in lingua italiana si focalizza in particolar modo sul genere come ruolo socialmente determinato e difficile da modificare, sebbene non impossibile; il quadro che emerge è abbastanza tipico: se una donna mostra un atteggiamento aggressivo è socialmente criticabile (anche dalle altre donne),  le donne sono le custodi del lavoro riproduttivo e del carico emotivo a differenza degli uomini impegnati in quello produttivo; il sesso femminile non conosce bene se stesso e le sue possibilità, aldilà di quella tipica della maternità e dell’accudimento, in tal senso è veramente indicativa la sezione sul clitoride (ancora sconosciuto e tanto bistrattato e violato nella passata e contemporanea consapevolezza sessuale, in quanto utile “solo” al piacere femminile), ma soprattutto il corpo femminile continua ad essere oggetto di reificazione e mercificazione, agli occhi di entrambi i generi.

Con una facilità iconografica e linguistica davvero disarmante Emma accompagna  i lettori attraverso usi, costumi, e luoghi comuni che affliggono l’universo femminile e il modo di rapportarsi tra uomini e donne, lo fa citando il pensiero delle varie correnti femministe, indagando su dati statistici e chiaramente osservando le donne e il loro vissuto.
Facilità in questo specifico caso non è tuttavia sinonimo di semplicità. La simpatia delle immagini, la loro immediatezza e il perfetto amalgama iconico-testuale si traducono in un tessuto narrativo complesso e per certi versi difficile da accettare, perché  quello di Emma è un testo epifanico, e le epifanie non sono sempre positive, possono essere dolorose, produrre un turbamento, ma sono senza alcun dubbio utili per dare una scossa alle situazioni contingenti perché inducono alla riflessione.

Alcune verità ci infastidiranno...perchè le donne di cui l’autrice parla siamo proprio noi ( se ci mettiamo anche l’affinità generazionale...è fatta) ma l’intelligenza di questa graphic novel sta nel puntare sul ruolo fondamentale dell’educazione delle generazioni future  per cambiare le cose. Certo, dovremmo educarci ad educare, e quella è la parte più difficile: perchè i primi ad interiorizzare un clichè siamo noi, genitori  e maestri delle nuove generazioni. Se facciamo un pochino di autocritica ci accorgeremo di essere tutti “vittime” dell’ interpretazione dei generi,  e testi come quelli di Emma ci servono a lavorare  su noi e sugli altri prendendo consapevolezza di quello che effettivamente e socialmente siamo.

Bastava chiedere è un testo da leggere, rileggere e far leggere, e usandolo  anche nelle agenzie educative con le dovute “cautele didattiche”, espressione virgolettata perchè non intendo associarla ad una sorta di “bacchettonaggine” scolastica della quale sono comunque  conscia e consapevole.
Questa graphic novel  è senza dubbio un intreccio di parole ed immagini che mette in discussione le  specificità di genere socialmente  definite e avallate e proprio per questo dovrebbe essere condivisa da tutti senza troppi giri di parole, perchè vuole educarci a educare a una società più equa nelle sue differenze: si propone quindi un compito ambizioso con una leggerezza che lascia un segno profondo, e (ci si augura) indelebile e trasmissibile in quella che dovrebbe diventare una nuova normalità.