sabato 8 settembre 2012

Leggere i classici:una cura contro l’egocentrismo


Nei programmi di letteratura italiana che gli universitari palermitani devono studiare durante il loro percorso accademico di Lettere è ben specificato: “Leggere in edizione  integrale un’opera  di letteratura italiana”, insomma, oltre a impegnarsi a leggere qualche capitolo della Divina Commedia (giusto per saper parlare di Dante, non ricordandolo solo per la prima terzina dell’Inferno) lo studente ha il dovere di leggere un fantomatico classico di letteratura italiana.
 Non è difficile, e neanche noioso…ovvero, non è difficile ma per molti studenti che un giorno (lontano, vista la situazione della scuola italiana) saliranno in cattedra per insegnare, sembra abbastanza noioso.
Si accomoda davanti a me un tipo, pronto per farsi esaminare, e premette che, essendo studente –lavoratore, non considera la sua preparazione abbastanza approfondita, ma è la sua ultima materia, ha bisogno di laurearsi per non rischiare di essere messo in mobilità dalla sua azienda, insomma chiede misericordia. Il fatto è che io non sono una divinità ( e meno male) sono solo quella che lo deve esaminare nella parte istituzionale del corso di letteratura italiana, posso tentare di metterlo a suo agio per tirar fuori da lui quello che crede (e spera) di sapere…
Dopo avergli chiesto di parlarmi di autori non esattamente microscopici come Ugo Foscolo (leggendo un passo dei Sepolcri), Giosuè Carducci  e Italo Svevo, vedendo che il povero studente annaspa nel tentativo di inventarsi qualcosa, mi apro a un sorriso Durban’s  e gli chiedo:
“Perché non mi parla del classico che ha letto per l’esame?”
Silenzio
“No perché, scusi, lei l’ha letto il suo programma… era in programma di leggere il classico!”
Silenzio
“Sotto l’ombrellone non era mica faticoso, portarsi…che ne so… Il fu Mattia Pascal o  Conversazione in Sicilia… oppure lei, fa parte di quel pubblico salottesco che ha preferito leggere  cinquanta sfumature di grigio?”
Il volto dello studente esaminato si illumina mentre il nostro pubblico (gli esami hanno SEMPRE un pubblico che prende appunti, nella speranza che quando sarà il turno dello spettatore sia replicata una delle domande che  ha religiosamente segnato, con acclusa risposta, al suo block notes) scoppia in una fragorosa risata.
“Professoressa, l’ha letto anche lei? “ Fa lo studente pensando di aver trovato la chiave di "svolta" per il suo esame “Io ho letto proprio quello sotto l’ombrellone, sa com’è, lo leggevamo in due…”
“Dato il tipo di lettura non lasciamoci andare  a particolari sconvenienti, conosco la trama di questo best seller sadomaso, ma non l’ho letto; comprerò la trilogia quando si decideranno a scontarla, così ne saprò parlare anch’io” e voltandomi verso l’altra collega esaminatrice che mi sta guardando con occhio alquanto ilare “c’è carta e carta no? questa è roba che si compra scontata, tanto, già tra qualche mese,   avranno finito di parlarne e tutt’al più staranno girandoci sopra un film (quasi porno a quanto pare…) interpretato dalla prima ochetta modaiola  di turno…”
Lo studente capisce che non è riuscito a far evolvere in positivo il suo esame e allora abbozza una giustificazione:
“Sa com’è, d’estate, al mare, uno cerca di svagarsi, legge cose senza impegno, per ridere, lo so che non è una giustificazione, ma il classico non sono proprio riuscito a leggerlo, troppo pesante”.
A questo punto un esaminatore coscienzioso – barboso potrebbe decidere di fare una bella ramanzina allo studente inadempiente, dichiarando l’importanza dei classici per la sua formazione personale e professionale e ricordandogli che un giorno queste cose che definisce pesanti le dovrà andare a insegnare, trasmettendo a sua volta il senso di pesantezza che prova, e la sua evidente ignoranza, ai poveri discenti di turno, poi direbbe che alcuni testi sono dei cardini della letteratura e la loro conoscenza è indispensabile e magari farebbe notare al “povero” esaminato che certi passi letterari, alle elementari, si imparavano addirittura a memoria, per quanto erano considerati importanti! E poi attaccherebbe con una ramanzina sulle mode e sulle letture spazzatura che infarciscono gli scaffali delle librerie…
Ma diciamocela tutta, questa sarebbe una ramanzina classica, una di quelle che lo studente si aspetta e che, infatti, gli entrerebbe da un orecchio e gli uscirebbe dall’altro, è anche il rimprovero meno impegnativo, che permette all’esaminatore di credere di avere  la coscienza pulita, dichiarando che i classici sono semplicemente “importanti”, ed è importante impararli bene per insegnarli altrettanto bene…
Ma essendo che un esamino di coscienza me lo sono fatta anche io, preferirei appuntare l’attenzione su altri elementi che fanno della lettura dei classici (non solo della letteratura italiana) un’ ESPERIENZA importante, e che esulano dalla banale celebrità accademica dell’opera che stiamo leggendo…
Leggere un’opera che ha vinto “di mille secoli il silenzio” è un’esperienza che ci aiuta innanzitutto a capire meglio noi stessi, perché ci permette di uscire dal nostro tempo e di osservare come spesso un pensiero un’emozione, un colore, un sapore non siano un’esclusiva dei nostri tempi, ma anche altre persone hanno amato, sognato, mangiato, dormito, pensato, inventato con la stessa intensità con cui anche noi compiamo queste azioni. Un classico è edificante non perché è portatore di un messaggio, ma perché ci trasmette qualcosa di più grande: la vita attraverso i secoli.
Perché ci si emoziona tanto quando si osserva una grafia lontana da noi nel tempo o nello spazio (cuneiforme, geroglifica, pittografica)? Semplice, pechè vorremmo sapere che cosa esprime, e se i segni si avvicinano agli oggetti delle vita quotidiana, allora ci sembra che facciano rivivere davanti ai nostri occhi azioni  e pensieri  che non ci sono più.
Bene, funziona così anche per i libri, specialmente per quelli che qualcuno ha inserito nel canone dei classici, solo che ormai l’equazione classico = libro (spesso palloso) legato in qualche modo alla scuola, sembra prendere il sopravvento, e lo fa anche quando il professore di turno dice all’allievo: “Sei un asino perché non vuoi leggere un libro che ti potrà servire un giorno se devi insegnare”. Questa  non è una giustificazione, perché:
a) Non tutti gli studenti di lettere diventeranno insegnanti.
b) Un insegnante dovrebbe avere una maggior coscienza (una coscienza metaletteraria?) di quello che sta insegnando, e quindi…cercare di capire dove sta l’importanza di un classico senza dire semplicemente “è importante!”
Allora potrebbe essere una buona idea affermare che la lettura di un libro scritto mille o anche solo cento anni fa è un’ottima soluzione per contrastare  il nostro dilagante egocentrismo.
“Leggi, perché non esisti solo tu, coi tuoi pruriti intellettuali e sessuali”, leggi perché c’è gente che alcune cose le ha espresse con sconcertante fascino quando di te non c’era neanche il sentore sulla faccia della terra, perché la bellezza è bellezza delle parole e nelle cose che esprimono, e anche quando non vogliono insegnarci nulla, ci hanno insegnato che non tutto serve a qualcosa, e che questo lo sapevano anche gli scrittori di mille anni fa…”. Così, penso che lo capisca anche un ragazzino delle elementari (magari di quinta, va'!)
Il povero studente al quale ho tentato ( non è semplice, perché in queste circostanze si ha fretta di passare avanti, per “giustiziare” qualcun altro…) di fare  questa seconda ramanzina, precisando che nessuna lettura è davvero impegnativa se il lettore si appassiona, e che quindi poteva portarsi sotto l’ombrellone anche l’Inferno  di Dante, riproverà a sostenere l’esame un’altra volta…mi spiace davvero, perché lavorando è difficile conciliare troppi impegni…ma almeno non l’ho fatto alzare sentendomi la coscienza sporca.
Un classico non si legge perché è importante, ma perché mi aiuta a non mettermi al centro dell’universo, quindi non è un obbligo noioso, è una cura, NECESSARIA, per tutti!

5 commenti:

  1. Pensiero coscienzioso che riporta lo studio e l'AMORE per la letteratura sui giusti binari!:)

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  2. Anche io ho sempre pensato, al liceo, che i classici fossero "pesanti" e amavo la letteratura!!! Quest'ultimo anno invece seguendo il consiglio di un amico "se la loro fama è arrivata a noi ci sarà un motivo" ho cominciato con un classico moderno "il buio oltre la siepe" e non mi sono più fermata! Sono passata da "1984" a "il signore delle mosche","il fu mattia pascal", "il giovane holden" e altri, fino ad arrivare a "jane eyre" e "anna karènina". Quando leggo un classico, ambientato anche nel 1800, non posso fare a meno di vivere quel tempo, di fare amicizia e amare quei personaggi. E' vero, un classico non ha tempo. Ti fa capire che quello che stai vivendo adesso anche altri lo hanno sentito in un'epoca lontana. E in nessun altro libro come in un classico c'è quella dovizia di particolari, quella capacità di entrare così a fondo nel personaggio da dargli vita. E chi legge libri come "50 sfumature di grigio" non è mai stato così lontano dalla bellezza dell'arte.

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  3. "Un classico è edificante non perché è portatore di un messaggio,
    ma perché ci trasmette qualcosa di più grande:
    la vita attraverso i secoli.....Un classico non si legge
    perché è importante, ma perché mi aiuta a non mettermi
    al centro dell’universo, è una cura, NECESSARIA, per tutti!"
    Belle parole!!

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