Ho letto, con tanta curiosità, L'arte della gioia di Goliarda Sapienza. Ammetto che è stata una lettura lunga, interrotta dalle molte incombenze della mia vita; si è inoltre sovrapposta alla visione dell'omonima serie televisiva diretta da Valeria Golino, che non ha trovato immediatamente le mie simpatie.
Conoscevo, per sommi capi, il contenuto e le tematiche del romanzo e sapevo della forte matrice femminista e bisessuale che lo anima. Avrei potuto documentarmi su quanto ne dice la critica letteraria, perché so che è oggetto di studio accademico.
Non l'ho fatto.
Ho lasciato agire (poco, giusto il tempo di accendere la curiosità) il sentito dire e ho prediletto una lettura vergine.
Ci sono voluti ben tre mesi e diversi ripassi tattici per imbastire un'esperienza di lettura che fosse piena e mi permettesse di fissare bene i caratteri di questa imponente costruzione letteraria.
Difficile, in primis definirne una classificazione declassando a romanzo a sfondo storico, epopea biografica ed erotica o quant'altro un edificio di parole che mantiene una propria duttilità, una forma senza forma che permette alla protagonista di dirsi e di essere detta, di raccontarsi e raccontare fondendo talvolta generi letterari diversi per fissare in maniera icastica il fluire della sua vita e di quella del folto corteo di personaggi che l'affianca.
Modesta nasce il 1 gennaio del 1900. Campagna siciliana, padre non pervenuto e madre che si deve occupare di una bambina con la sindrome di down. Un incidente la rende orfana ma rappresenta anche l'inizio della sua ascesa sociale, segnata dall'accoglienza in un convento e dalla simpatia che prova per lei la madre superiora. La sua natura esploratrice le fa capire i poteri dello studio del suo corpo, indagato e modulato nella sua più profonda intimità attraverso l'autoerotismo.
La matrice erotica è chiave di lettura ed indagine di questa epopea lunga circa sessant'anni, ove per erotismo non si intende solo l'aspetto carnale che anima tante sue pagine.
Eros è greco amore fisico e passionale, fatto di sangue ma anche di testa, è una vera e propria morale (proprio una morale erotica) e anima ogni scelta di Modesta che sceglie di perseguire la piena consapevolezza di sé, delle proprie scelte e scoperte, vivendo, amandosi e coltivandosi, amando e coltivando, in tutta la sua abissale femminilità.
Perché Modesta, carusa e principessa è “fimmina” senza mezzi termini, rotonda nella sua consapevolezza che la porta ad abbracciare ogni forma di amore e a rifletterci sopra nella coscienza della sua unicità e specificità:
Tuzzu - l'infanzia
Beatrice - la giovinezza
Carmine - il potere pieno del maschio che è anche padre
Carlo - il maschio intellettuale
Mattia - la nostalgia del paterno perduto
Joyce - la femme fatale che odia la donna,
Nina - l'amore materno
Marco - la maturità
E la coorte degli amori che fisici non sono ma costruiscono alleanze dense d'affetto destinate a non scalfirsi nel tempo: Gaia, Pietro, Stella, Josè..
Sono figure che segnano Modesta ognuna a suo modo ma con un'intensità che non fa prevalere nessuna sulle altre, si inseriscono piuttosto in un cerchio complesso, completato dagli affetti dei morti e dei figli che si intrecciano alla storia, alle storie, ad un amore meno carnale ma altrettanto fisico per tutto ciò che è nutrimento della mente acceso fin dalla fanciullezza di Modesta e ravvivato dal fantasma di Jacopo che pare vegliarla e nutrirla con il suo amore per la conoscenza.
Sono tante le pagine che meritano rilettura e meditazione. Finanche quelle che possono apparire “troppo” perché ragionano più che raccontare, rimangono impresse proprio per la loro icasticità, come i discorsi su amore e femminilità, femminismo e autonomia tenuti con Carlo e con Joyce, che lì per lì possono anche infastidire perché si percepiscono come superflui e ridondanti nel fluire della storia.
Ma sono profondamente performanti perché metacognitivi, come metacognitiva è la riflessione sulla vecchiaia che imbastire tutta la quarta parte del romanzo, rivelando la relatività di un concetto che si assesta a sinonimo di esperienza e separa e connette dalle nuove generazioni che crescono e costruiscono i loro percorsi di vita.
Non è un libro facile, e volerne realizzare una riduzione cinematografica ha sacrificato tre quarti della vicenda romanzesca alla fiction, che ha il merito di farci percepire lo spessore di Modesta, ma non ci mette davanti alla sua piena, indiscussa grandezza.
Però è una una lettura che merita di essere affrontata, con pazienza e dedizione perché la rivoluzione/ evoluzione di Modesta è un possesso per sempre che accresce nel lettorə determinate consapevolezze che esulano la storia e toccano l'essenza di tuttə indistintamente.