La
mia storia con Firmino è iniziata nel lontano ottobre del 2008. Acquistai una
copia del romanzo si Sam Savage (Einaudi,
Stile libero big, 2008) in una libreria
di Torino, incuriosita dal delicato e ironico disegno in bianco e nero della
copertina e da qualche sinossi sbocconcellata qua e là.
Ricordo
la profonda sensazione di piacere nel liberare lo smilzo volumetto dal
cellophane, e ne ho ricordato a lungo le prime venti pagine oltre le quali, in
quello specifico periodo della mia vita, non riuscii ad andare...
Il
primo marzo del 2009 sono ritornata a Palermo per iniziare la mia vita di
dottoranda in italianistica, ma Firmino non è venuto insieme a me: l'ho
affidato alla persona che è stata, per me, la più cara di quel periodo. Non sono però più riuscita a procurarmene
un'altra copia, pur desiderando continuarne la lettura...
Il
mese scorso, curiosando tra gli scaffali dei libri usati della libreria europa,
mi è finito tra le mani un altro Firmino, un libro che qualcuno non aveva
voluto più e aveva appunto affidato alla libreria. Ovviamente non ci ho pensato
due volte e l'ho immediatamente acquistato.
Riprendere
la lettura di Firmino, dopo tredici anni, è stato emozionante, perché ho avuto
quasi l'impressione che questo libro non si fosse dimenticato di me, e mi
avesse voluto dare una possibilità di lettura più matura e consapevole.
Firmino
è letteralmente un topo di biblioteca
che scrive la propria autobiografia
raccontando la sua singolare vita di lettore, fantasioso creatore di mondi,
timido e cogitabondo epigono di un universo che si sgretola davanti ai suoi occhi
di roditore. La storia di questo
animaletto fuori dal comune ( scherzo della natura) fortemente caratterizzata
da toni dark, entra nel cuore del lettore per la sua assurda credibilità e la
sua profonda leggerezza. Firmino è un
ratto ma è anche un lettore finissimo costretto all'introversione dal suo
aspetto animalesco, ed è l'antitopo per eccellenza, prigioniero di una tragica,
straniante, umanità tanto diversa da quella che vediamo ostentata nei suoi
colleghi roditori umanizzati. Aver letto Firmino nella sua interezza ben
tredici anni dopo la sua pubblicazione mi ha certamente permesso di percepire
la natura universale e senza tempo del suo messaggio che per certi versi ha ben
poco di edificante nella sua indiscutibile forza poetica.
Firmino
è un topo che diventa topos letterario della letterarietà e della figura
dell'intellettuale letterato che vive una condizione di profondo scollamento
dalla realtà, letta attraverso la mediazione dei libri, cibo reale e metaforico
del nostro ratto.
In
ultima analisi anche Firmino è un libro che ha fatto un giro meraviglioso e ha
silenziosamente rinsaldato un'amicizia che dura da tredici anni. Nello scatto
che ho proposto l'edizione di sinistra è quella comprata a Torino, fotografata
dalla mia cara amica nella sua dimora di Massa Lubrense, quella di destra è
invece la copia che ho adottato qualche settimana fa.
Due
libri cartacei, un unico testo, una meravigliosa vicenda di carta e di
narrazione.
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