martedì 12 agosto 2025

GIOCHI DEL DESTINO

Frustuli di un'autobiografia banale all’alba di un altro inizio


 Il bibliotecario del mio liceo  che, insieme al collaboratore scolastico, il signor A., si scialava a guardarmi dissertare sui capoccioni della letteratura italiana rendendoli appetibili anche ai miei compagni di classe me lo diceva sempre: " Tu ti siederai dall'altro lato di questo banco prima o poi, sei destinata". 


Io fino ai sedici anni volevo fare la regista, al massimo la sceneggiatrice perché amavo inventare storie, me ne facevo di lunghissime in testa, e poi volevo scappare da qualsiasi ambiente scolastico che, dacché mi accompagna la memoria, mi aveva sempre fatto compagnia.


La morte di mio padre ha cambiato  le prospettive: io che volevo scappare dalla scuola e, in cuor mio, anche dalla mia città, ho ridimensionato le mie aspettative e ho cominciato a immaginarmi tra i banchi.


 Mi ci vedevo bene.


Mi immaginarono maestra, c'era un concorso proprio nel 1999. Dovevo solo prendere il diploma magistrale. Mia madre mi avrebbe aiutato in tutti i sensi. Avrei avuto un diploma, una " licenza liceale" e il posto fisso a 18 anni.

Ricordo il mio diniego: " Mamma io non voglio una responsabilità così grande: insegnare a leggere e scrivere...io voglio raccontare le poesie, voglio far emozionare con "l'Addio ai monti" e voglio poter parlare senza censure..." 


E ( aggiungo con grande coscienza) continuavo voler scappare dalla mia città e da una me che si sentiva sola in mezzo agli altri.


A novembre 1999 iniziai l'università a Palermo, prima esperienza da fuori-sede: lettere classiche.

Non sapevo praticamente nulla di greco perché, pur avendo fatto il classico, la mia professoressa si faceva le unghie in classe...ma diventai bravissima, perché  era una sfida: quella lingua e quella cultura dovevano essere mie. Ci ho perso  un po’ di tempo  e abbondante pazienza ma ne ho  conquistato la consapevolezza.


Laureata nel 2006 con una tesi in letteratura italiana su Umberto Saba che mi avrebbe aperto altri scenari, abilitata nel 2008 alla SISSIS ( Scuola intersiciliana di abilitazione all'insegnamento nelle scuole secondarie) per l'insegnamento delle lingue classiche.


In quel frangente formativo noi latino-greci eravamo gli dei: quelli che facevano scorrere le graduatorie di ammissione ai corsi abilitanti perché, a fronte di un piazzamento similare in ben tre graduatorie, sceglievamo il percorso più prestigioso, liberando posti in italiano e latino e alle medie...


Bella divinità vincolata alla turris eburnea della classicità che chiaramente aveva limitati posti d'insegnamento in Sicilia e negli immediati dintorni, e che mi portò a fare la scelta estrema di andarmene in Piemonte, a settembre 2008,e di cominciare a insegnare proprio alle medie, dove non avevo il becco di un punticino, ma dove i posti c'erano, eccome...


Fuggivo finalmente dalla Sicilia (a Susa) e da un decennio veramente strano: dieci anni-cuscinetto che avevano sancito la mia prima vera separazione da un'adolescenza brillante dal punto di vista intellettuale ma opaca a livello umano.


TUTTAVIA…


Ci volle molto poco a capire che...almeno in Sicilia, ci dovevo tornare. PER RIMANERCI.


Rientravo, a Palermo, dopo sei mesi, nel marzo del 2009, lasciavo una grande 

amicizia e un' esperienza umana importante per cominciare il mio primo decennio da persona adulta. Mi attendeva un quinquennio intenso…


  • Il dottorato di ricerca

  • La convivenza

  • Il matrimonio

  • Un concorso a cattedra

  • Il ruolo, alla secondaria di primo grado ( le famigerate MEDIE), per mia espressa scelta

  • Un figlio


Così si possono riassumere gli anni che vanno dal 2009 al 2015. 


E qui entra il gioco l'istituto Comprensivo Rita Levi Montalcini, dove ho fatto ingresso per la prima volta il primo settembre del 2015 con un bambino di tre mesi in braccio e la soddisfazione di lavorare a cinque minuti da casa.


La Montalcini è  stata lavoro, è stata casa, mi ha procurato amicizie sincere e fraterne, ha visto nascere il mio secondo figlio nel 2017  (" Tu sei pazza!"  Scherzava sulla mia panzona di sette mesi la DS) e  ha visto morire mia madre nel 2025.


Ci siamo, io e la mia scuola supportate e sopportate: ho scoperto di avere skills che neanche immaginavo, tanto da tentare  il concorso per la dirigenza  nel 2024 con grande diligenza ma senza troppo entusiasmo...


Perché la testa era lì, a raccontare letteratura, a dare il mio sangue ai testi per farli rivivere negli occhi e nei cuori di chi mi ascoltava. 


In compenso ho scoperto la bellezza della lingua italiana come codice di comunicazione: mi si è aperto un mondo grazie al mio insegnamento alle medie ( e alla lettura di quasi tutta la bibliografia di Vera Gheno): la letteratura non è affascinante in quanto canone ( troppo banale) ma in quanto comunicazione, pensiero materiale, vibrante, fissato nei testi.

Tuttavia quando compi 40 anni, arriva il COVID, la tua dirigente ti dà fiducia, tanta, e hai  tra i corridoi della tua scuola, delle amiche che ti vogliono bene, rischi di posteggiare le tue aspirazioni, barattandole per una confort zone in cui stai di piatto.

 

E questo " finché i bambini sono piccoli " ha un senso. 


Ma i bambini crescono in fretta, e cominciano la scuola anche loro, da un'altra parte perché non devono essere "i figli di" ( te lo ha insegnato tua madre) quindi, bisogna uscire dalla confort zone, ma concorsi a cattedra non ne puoi fare, non ti restano che le domande di passaggio di ruolo. 


Che, in cinque anni, non vedi mai soddisfatte.

 

Quando, il 7 marzo 2025 ho compilato la mia ennesima domanda di passaggio di ruolo alla scuola secondaria di secondo grado ( alle superiori, per parlar potabile), mia madre era in ospedale da cinque giorni, sembrava che si stesse riprendendo da una polmonite, invece da quell'ospedale non sarebbe uscita viva, consacrando marzo a mese del dolore della perdita 


1 marzo morte dolorosamente ingiusta, a soli 66 anni,  di mio padre dopo quattro anni di sofferenze;

24 marzo morte, dolorosamente inaspettata, di mia madre, dopo venti giorni di ospedale, che si univano a quasi due anni di problemi di salute.


perdita che, nello stesso mese, il mese della primavera, con un'ironia senza pari, si fonde all' inesorabilità della nascita e della vita 


11 marzo nascita mia e, qualche giorno dopo, del mio secondogenito nella mia pancia, non chiedetemi come lo so, è semplicemente matematica: il 31 marzo del 2017  scoprii di essere incinta di meno di tre settimane, e a dirla tutta, sapevo anche che era un maschio...


Mia madre non avrebbe voluto che inserissi i professionali nella mia domanda di mobilità, si preoccupava che l'utenza fosse frustrante; io le dicevo che non esiste utenza frustrante se il tuo lavoro lo fai con amore. 


Ho chiamato una collega che insegnava in un professionale che accarezzavo di inserire in domanda . " Tu ce la puoi fare a insegnare in questo contesto".


E l'ho inserita.


Il 23 maggio gli esiti, in mezzo il dolore della fine definitiva della mia dimensione di figlia. Il lutto, un viaggio ( non di piacere) a Roma. E il pensiero fugace della sera del 22 maggio: " vuoi vedere, mamma, che  ora che mi guardi da lassù, succede?"

 

Quando la DSGA mi ha mandato la schermata dell'avvenuto passaggio con la mia scuola di destinazione, QUELLA SCUOLA, ero con le mie classi al tribunale. Una piovosa mattinata nel ricordo di Giovanni Falcone.


Ho pensato, assurdo ma vero, " Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza".  


Un altro ciclo si è chiuso di netto, all'improvviso; ho visto le mie amiche piangere, ma ho visto anche gente felice di sbarazzarsi di me, il numero degli "orfani" rimane comunque più alto, ra amici, colleghi, famiglie, pezzi di quartiere. 


Quindi ricomincio da me, dalla coscienza che il mio percorso ha un senso per la mia anima, dalla consapevolezza che perderò la mia coperta di Linus, che non ho finito di imparare, e che mi mancherà TUTTO della mia scuola, che non è più mia e non lo è  mai stata, di cui sono stata tuttalpiù figura di sistema  perfettamente sostituibile, perché nessuno è indispensabile. 


Ma il cuore è altro, l'idea che il 1 settembre faccio un'altra strada dopo aver aperto per dieci anni di fila il mio anno scolastico nello stesso luogo...non si può spiegare.


La verità è che aspetto di vedere i loro occhi, gli occhi di quei ragazzi che sono finalmente ADOLESCENTI, e ai quali proverò a spiegare una materia che secondo loro è forse terribilmente secondaria nel loro percorso di studi...ma è questo il codex che li guida, è attraverso la loro lingua che passa tutta la loro comunicazione e la loro conoscenza.


LORO SONO LA LINGUA CHE PARLANO, e la lingua che parlano è bellissima, e viene PRIMA DI OGNI COSA, perché (questa non è mia) anche la formula di matematica, se non usi il codice linguistico per spiegarla  rimane lettera morta.


FATTI NON FUMMO A VIVER COME BRUTI, MA PER SEGUIR VIRTUDE E CANOSENZA.


Il bibliotecario e il signor A. avevano ragione, ero destinata...


Va bene. Sono pronta…


L. M.

Agosto 2025


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