Riflessioni sulla Saga dei Leoni di Sicilia e sul loro inverno
1.Storie che continuano. Cerchi che si chiudono
Il 24 maggio di quest'anno è stato pubblicato l'attesissimo
seguito de I leoni di Sicilia di
Stefania Auci: L'inverno dei leoni.
Il romanzo riprende la storia della famiglia Florio dal 1869
fino ad arrivare al 1950 e ne affronta la difficile parabola discendente che si
dipana in un segmento temporale storicamente denso di avvenimenti.
Come la stessa autrice precisa nella sua postfazione,L'inverno dei leoni è un romanzo,[1] ed è importante precisarlo proprio per
comprendere il valore di questa costruzione narrativa dalla scrittura limpida e
scorrevole.
In questo segmento narrativo l'autrice è infatti riuscita a
mediare magistralmente tra storia e narrativa, attraverso l'attivazione di due
piani di scrittura visibili al lettore, ovvero le introduzioni meramente
storiche alle singole sezioni del romanzo, e l' equilibrato intarsio di storia
e storie che vedono come sfondo la città di Palermo e l'Italia tutta con
qualche stralcio d'Europa.
In verità la tecnica narrativa non è cambiata rispetto al
primo libro della saga. Ma avere a disposizione una più vasta documentazione
storica costituisce un' importante e niente affatto semplice variabile per chi
scrive e deve rimanere in equilibrio tra verità e verosimiglianza, infondendo
vita narrativa e immaginando le emozioni di personaggi che sono stati veri attori di una storia i cui segni sono
ancora visibili ai nostri occhi.
La scelta di essere narratrice onnisciente permette alla
Auci di entrare di volta in volta nelle anime dei suoi personaggi e di
mostrarne i dubbi, le passioni e le incertezze, le forze e le debolezze. Li
vediamo materialmente agire nel bene e nel male e li osserviamo anche mentre la
contemporaneità dei loro tempi agisce, generosa o impietosa, su di loro.
2. Una
parabola discendente
L'inverno
dei leoni è un romanzo discendente[2], che si apre in una florida estate, nella quale tuttavia si
percepiscono degli squilibri tra vita lavorativa e familiare dei personaggi,
passando per un colorato autunno che ha i fasti del Decadentismo e della Belle epoque, precipitando nell'inverno
dei fallimenti della famiglia che ha tanto dato a Palermo e alla Sicilia ma che
non ha trovato nei suoi epigoni delle figure imprenditoriali carismatiche
capaci di cavalcare i tempi da esse vissute[3] .
Iconiche e apparentemente opposte sono le due protagoniste
femminili Giovanna e Franca, accomunate entrambe dal grande e sofferto amore
per i propri mariti, padre e figlio, Ignazio, portatori del medesimo nome, ma
diversi e quasi opposti nel modo di
affrontare i tempi in cui vivono e nel gestire la propria vita[4].
Il taglio del romanzo storico è più netto rispetto al primo
volume della saga, ma questa vicenda che, nella sua dimensione pubblica, possiamo vedere e verificare tutti attraverso gli
innumerevoli documenti storici a nostra disposizione, è teatro di un racconto a
tratti corale, fortemente visivo[5] che
scorre attraverso le parole che non sono mai né troppe né troppo poche e
risultano di agevole lettura anche per chi non ama molto approcciarsi ai libri,
e questo è un grande merito che va
riconosciuto all'autrice senza ombra di dubbio[6].
3. E tu, onore di pianti, Ettore, avrai,
Ove fia santo e lagrimato il sangue
Per la patria versato, e finchè il Sole
Risplenderà su le sciagure umane.
Ho intitolato, non a caso, questo breve percorso di
riflessione critica Lu cuntu di li Florio
e ho voluto di proposito usare gli ultimi versi dei Sepolcri foscoliani per
arrivare alla parte conclusiva della mia disamina.
Sono tanti i morti che aleggiano in questo romanzo.Antenati
e patriarchi, innocenti, anime ferite e anime grandi. Non è un caso se uno
degli ultimi scenari narrativi sia un sepolcro, in cui l'ultimo Florio dialoga
con i suoi antenati e piange i suoi cari in una difficile e dolorosa corrispondenza
d'amorosi sensi.
Lui ormai per il
mondo degli affari è nuddu immiscatu cu nnenti...non gli è
rimasto nulla delle immense ricchezze
costruite e accumulate col il
lavoro da suo nonno e dal padre, anche
la sua casa è stata distrutta … ma il
mito del suo cognome e delle imprese compiute dai suoi portatori non può essere cancellato, diventa storia da
raccontare, "cuntu" da ascoltare, romanzo da fissare sulle bocche e sulle pagine che lo
tramanderanno.
Questo è il merito indiscutibile dell'intera saga dei
Florio, non tanto raccontarne una storia vera in quanto documentata[7], quanto
piuttosto riscrivere una verosimile mitologia familiare che sia alla portata
della sensibilità narrativa dei lettori-fruitori.
Perché le opere fisiche che modificano il paesaggio sono
destinate a finire distrutte dalla furia dei tempi che passano. Ma l'armonia
dei racconti vince sempre "di mille secoli il silenzio" passando di
memoria in memoria; e attraverso questa
complessa e ricca costruzione scenico-narrativa la vicenda dei Florio è
messa in condizione di diventare
"cuntu" di tutti.
LettureCreative-Letizia Magro
[1] Come del resto anche I leoni di Sicilia
[2] É quasi possibile disegnare una vera e propria parabola
durante la lettura
[3] E
non solo per una strana sorte avversa, quasi una maledizione antica che trova
le sue radici nelle parole pronunciate da Mattia, sorella dei primi Paolo e
Ignazio Florio nel primo romanzo ( cfr. I leoni i Sicilia, Milano, Editrice Nord, 2019, p. 95) , ma anche
per una grande immaturità dei tempi in cui è
impensabile ad esempio immaginare che una donna possa avere capacità
imprenditoriali.
[4] Il fatto di possedere delle immagini fotografiche e dei
ritratti di questi protagonisti ci permette di animare, avvalendoci
dell'immaginazione, corpi con delle precise fattezze, che nella scrittura sono
appena tratteggiate in quelli che sono i
loro elementi essenziali, occhi, capelli, a favore di una più profonda indagine
caratteriale
[5] Continuo
a pensare, e non è una critica negativa, che sia pronto per essere trasformato nella sceneggiatura di
una fiction.
[6] Penso
che, con una buona preparazione dei docenti, possa essere addirittura un buon
libro di narrativa già dalla terza
media, e lo è sicuramente nelle scuole
siciliane.
[7] Del resto non finiremo mai di dire che questo è solo un
romanzo,un cuntu ( racconto) , alla siciliana, appunto.
1.Storie che continuano. Cerchi che si chiudono
Il 24 maggio di quest'anno è stato pubblicato l'attesissimo
seguito de I leoni di Sicilia di
Stefania Auci: L'inverno dei leoni.
Il romanzo riprende la storia della famiglia Florio dal 1869
fino ad arrivare al 1950 e ne affronta la difficile parabola discendente che si
dipana in un segmento temporale storicamente denso di avvenimenti.
Come la stessa autrice precisa nella sua postfazione,L'inverno dei leoni è un romanzo,[1] ed è importante precisarlo proprio per
comprendere il valore di questa costruzione narrativa dalla scrittura limpida e
scorrevole.
In questo segmento narrativo l'autrice è infatti riuscita a
mediare magistralmente tra storia e narrativa, attraverso l'attivazione di due
piani di scrittura visibili al lettore, ovvero le introduzioni meramente
storiche alle singole sezioni del romanzo, e l' equilibrato intarsio di storia
e storie che vedono come sfondo la città di Palermo e l'Italia tutta con
qualche stralcio d'Europa.
In verità la tecnica narrativa non è cambiata rispetto al
primo libro della saga. Ma avere a disposizione una più vasta documentazione
storica costituisce un' importante e niente affatto semplice variabile per chi
scrive e deve rimanere in equilibrio tra verità e verosimiglianza, infondendo
vita narrativa e immaginando le emozioni di personaggi che sono stati veri attori di una storia i cui segni sono
ancora visibili ai nostri occhi.
La scelta di essere narratrice onnisciente permette alla
Auci di entrare di volta in volta nelle anime dei suoi personaggi e di
mostrarne i dubbi, le passioni e le incertezze, le forze e le debolezze. Li
vediamo materialmente agire nel bene e nel male e li osserviamo anche mentre la
contemporaneità dei loro tempi agisce, generosa o impietosa, su di loro.
2. Una parabola discendente
L'inverno
dei leoni è un romanzo discendente[2], che si apre in una florida estate, nella quale tuttavia si
percepiscono degli squilibri tra vita lavorativa e familiare dei personaggi,
passando per un colorato autunno che ha i fasti del Decadentismo e della Belle epoque, precipitando nell'inverno
dei fallimenti della famiglia che ha tanto dato a Palermo e alla Sicilia ma che
non ha trovato nei suoi epigoni delle figure imprenditoriali carismatiche
capaci di cavalcare i tempi da esse vissute[3] .
Iconiche e apparentemente opposte sono le due protagoniste
femminili Giovanna e Franca, accomunate entrambe dal grande e sofferto amore
per i propri mariti, padre e figlio, Ignazio, portatori del medesimo nome, ma
diversi e quasi opposti nel modo di
affrontare i tempi in cui vivono e nel gestire la propria vita[4].
Il taglio del romanzo storico è più netto rispetto al primo
volume della saga, ma questa vicenda che, nella sua dimensione pubblica, possiamo vedere e verificare tutti attraverso gli
innumerevoli documenti storici a nostra disposizione, è teatro di un racconto a
tratti corale, fortemente visivo[5] che
scorre attraverso le parole che non sono mai né troppe né troppo poche e
risultano di agevole lettura anche per chi non ama molto approcciarsi ai libri,
e questo è un grande merito che va
riconosciuto all'autrice senza ombra di dubbio[6].
3. E tu, onore di pianti, Ettore, avrai,
Ove fia santo e lagrimato il sangue
Per la patria versato, e finchè il Sole
Risplenderà su le sciagure umane.
Ho intitolato, non a caso, questo breve percorso di
riflessione critica Lu cuntu di li Florio
e ho voluto di proposito usare gli ultimi versi dei Sepolcri foscoliani per
arrivare alla parte conclusiva della mia disamina.
Sono tanti i morti che aleggiano in questo romanzo.Antenati
e patriarchi, innocenti, anime ferite e anime grandi. Non è un caso se uno
degli ultimi scenari narrativi sia un sepolcro, in cui l'ultimo Florio dialoga
con i suoi antenati e piange i suoi cari in una difficile e dolorosa corrispondenza
d'amorosi sensi.
Lui ormai per il
mondo degli affari è nuddu immiscatu cu nnenti...non gli è
rimasto nulla delle immense ricchezze
costruite e accumulate col il
lavoro da suo nonno e dal padre, anche
la sua casa è stata distrutta … ma il
mito del suo cognome e delle imprese compiute dai suoi portatori non può essere cancellato, diventa storia da
raccontare, "cuntu" da ascoltare, romanzo da fissare sulle bocche e sulle pagine che lo
tramanderanno.
Questo è il merito indiscutibile dell'intera saga dei
Florio, non tanto raccontarne una storia vera in quanto documentata[7], quanto
piuttosto riscrivere una verosimile mitologia familiare che sia alla portata
della sensibilità narrativa dei lettori-fruitori.
Perché le opere fisiche che modificano il paesaggio sono
destinate a finire distrutte dalla furia dei tempi che passano. Ma l'armonia
dei racconti vince sempre "di mille secoli il silenzio" passando di
memoria in memoria; e attraverso questa
complessa e ricca costruzione scenico-narrativa la vicenda dei Florio è
messa in condizione di diventare
"cuntu" di tutti.
[1] Come del resto anche I leoni di Sicilia
[2] É quasi possibile disegnare una vera e propria parabola
durante la lettura
[3] E
non solo per una strana sorte avversa, quasi una maledizione antica che trova
le sue radici nelle parole pronunciate da Mattia, sorella dei primi Paolo e
Ignazio Florio nel primo romanzo ( cfr. I leoni i Sicilia, Milano, Editrice Nord, 2019, p. 95) , ma anche
per una grande immaturità dei tempi in cui è
impensabile ad esempio immaginare che una donna possa avere capacità
imprenditoriali.
[4] Il fatto di possedere delle immagini fotografiche e dei
ritratti di questi protagonisti ci permette di animare, avvalendoci
dell'immaginazione, corpi con delle precise fattezze, che nella scrittura sono
appena tratteggiate in quelli che sono i
loro elementi essenziali, occhi, capelli, a favore di una più profonda indagine
caratteriale
[5] Continuo
a pensare, e non è una critica negativa, che sia pronto per essere trasformato nella sceneggiatura di
una fiction.
[6] Penso
che, con una buona preparazione dei docenti, possa essere addirittura un buon
libro di narrativa già dalla terza
media, e lo è sicuramente nelle scuole
siciliane.
[7] Del resto non finiremo mai di dire che questo è solo un
romanzo,un cuntu ( racconto) , alla siciliana, appunto.
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