Palermo,
luglio 2020
Gentilissimo Luigi Garlando,
Mi prendo la briga di scriverle
questa missiva avendo appena terminato la lettura del suo libro Vai all'Inferno, Dante! edito da Rizzoli.
Non so quante volte ho letto e
riletto nelle mie classi Per questo mi
chiamo Giovanni, per cui, quando una mia collega mi ha segnalato la sua
nuova pubblicazione, e dopo averne letto una breve sinossi...sono andata
immediatamente a comprarlo (pressoché in
contemporanea con la scopa a vapore insieme alla quale l'ho immortalato su Instagram).
Ho iniziato a leggere questa storia con
grandissima curiosità ...a dirla tutta...non mi ha preso
proprio subito...ovvero, col senno
di poi, ho avuto qualche difficoltà di immedesimazione, ovvero, in quanto prof
di lettere e sicula, mi sono immedesimata troppo nei personaggi "sbagliati".
Vasco, il protagonista, mi è stato
subito terribilmente antipatico, per non parlare poi dell'iniziale difficoltà
con la terminologia del Fortnite che mi ha non poco messa in crisi (lo ammetto, sulla soglia dei 40 anni, ho
scarse competenze pratiche con tutto ciò che è
videogame, sebbene conosca le principali console ed i games di
tendenza). Ma, superate le prime fisiologiche e generazionali difficoltà, la
lettura ha preso piacevolmente il volo.
Che emozione ritrovarmi davanti agli
occhi Dante redivivo, tornato a Firenze dopo 700 anni e sentirlo parlare in
terzine, osservare e vivere con la sua inconfondibile curiosità il mondo
contemporaneo! Ha colto in pieno la vitalità e la voglia di sperimentare del nostro Alighieri scollandolo dalle
cristallizzazioni letterarie che gli stanno naturalmente strette e ci ha
restituito l'uomo, il maestro sempre pronto ad apprendere, il concentrato di
emozioni e di cultura che si mette in gioco e diventa amico e magister di un ragazzino abbrutito da un
intimo dolore che gli divora il cuore, aiutandolo a venir fuori dalla sua personalissima selva
oscura.
Ammetto che il ritorno di Dante ha
riportato alla mia memoria una recente commedia di Luca Miniero che mi ha fatto
poco ridere e molto riflettere, in cui qualcun altro tornava inaspettatamente
dall'oltretomba nella Roma del 2017, a far danni per amor della sua Italia...
analogia di opposte intenzioni che si
traduce comunque in una riflessione straniata
sul mondo contemporaneo.
Quello di Dante e Vasco è un
racconto di fantastica verosimiglianza (
ancor più fantastico per una juventina) costruito con perizia certosina nei
suoi trentaquattro canti ( il protagonista deve pur uscire dal suo personale inferno e riveder le
stelle, ultima parola del libro) in cui nessuna emozione è esagerata o
ridondante, nessuna vicenda sfiora la stucchevolezza. Negli scenari fiorentini
si intersecano storia e modernità, soggettive emozioni ed esperienze del
protagonista e del suo maestro, che culminano in un finale di ricomposizione
che lascia parecchie impressioni sospese nel lettore…
Sinceramente, mi sono posta davanti
a questo libro con almeno tre punti di vista differenti: il primo è stato
quello dei coetanei di Vasco: credo che per una minoranza ( quelle sono
inevitabili e in classe ce n’è sempre una rappresentanza) la terzina potrebbe essere scoraggiante ( i
versi vanno di moda, le rime pure, ma ci
sono sempre dei ragazzi che appena vedono un endecasillabo si irrigidiscono
ahimè…) ma, la poesia alla fine, conquista un po’ tutti, specialmente se
declinata in quella che è la loro prorompente attualità, inoltre la storia è
avvincente senza diventare mai melensa o eccessivamente triste, pur parlando di
amore e di morte.
Il secondo punto di vista è stato
quello della professoressa di lettere che ha a che fare con questi gentil
fanciulli: la prof. Licordari è stata il mio mito personale, nonostante la sua
sorte un po’ bislacca; non mi riconosco tantissimo in lei , se non per l’amore
che abbiamo per quel monstrum che è
la letteratura, e che alle scuole medie è anche un po’ un fantasma dai contorni
sfaldati da tanti altri argomenti. Mi sono chiesta se farei leggere questo
libro ai miei ragazzi e soprattutto a quale fascia d’età lo vedo più adatto, e
penso che, sebbene una ventata di Alighieri sia presente nelle classi seconde
delle medie, lo proporrei senza alcun dubbio ai ragazzi di terza, i coetanei di
Vasco appunto, perché, sebbene Dante sia uno dei punti focali intorno ai quali
si dipana la vicenda, trovo che il perno emozionale e quello esperienziale che il sommo poeta sollecita attraverso i
suoi versi calati nella modernità sia il vero fulcro del racconto e che sia più
apprezzabile dai tredicenni-quattordicenni.
Il terzo punto di vista è stato
quello della studiosa d’italianistica ( un pochino pop) che non mi abbandona
mai dal mio primo esame di letteratura italiana all’università: mi è piaciuta
molto l’idea di fornire Dante di un cuore contemporaneo, che riflette su se
stesso e su quello che ha fatto a livello artistico e politico, lei gli ha
fornito una seconda chance, anche se il nostro Durante aveva delle spigolosità
difficili da ammorbidire e una cultura sterminata e molto prepotente che gli ha
permesso di fare quel che che ha fatto con la lingua del volgo e agli altri
dialetti della penisola italiana. Un genio innamorato della sua parlata intesa
come strumento eternatore di comunicazione che, a parer mio ( e non solo
mio...Purgatorio docet), se la tirava
parecchio, perché sapeva bene che stava facendo qualcosa di straordinario (
coscienza metaletteraria acutissima).
Tuttavia ho voluto crederci: Per me
Dante non è mai morto, perché vive nelle sue opere e comunica con noi con la
potenza dei suoi versi, ma se tornasse
in vita in carne ed ossa, oggi in questo mondo così diverso dal suo, la sua
intelligenza critica lo porterebbe a riflettere in maniera inclusiva proprio
come se lo è immaginato lei, e a paragonarsi ai giovani apripista e non alle
vecchie cariatidi.
La saluto ringraziandola di cuore
per questo simpaticissimo e significativo romanzo. Terminandolo ho già sentito
la mancanza di Vasco, Bice, Catena, Kamau, Vieri, Dante e degli altri
personaggi ( finanche della Vampira) e quando la lettura di una storia genera
un pizzico di nostalgia riflessiva, allora le impressioni e le emozioni che ci ha dato ci accompagneranno per tutta la vita.
Con simpatia
LettureCreative
(L. Magro)