1. La scoperta di un mondo di carta
Personalmente
appartengo a quella parte di pubblico che prima ha visto tutti i film di Harry
Potter e in seguito ha deciso che era il momento di conoscere la vicenda
autentica dei personaggi che aveva visto crescere nella saga cinematografica.
Ho
quindi affrontato la lettura dei sette libri di J.K. Rowling come una lettrice
“informata dei fatti”, conoscendo perfettamente il percorso disegnato dall'autrice. Ma allora, chi me lo ha fatto fare? Perché cimentarmi nella lettura di episodi magistralmente rappresentati nei film che mi avevano
accompagnato per quasi un decennio?
Probabilmente
perché avevo un sospetto: qualcosa non tornava, non tutto era stato detto dalla
pellicola, alcune cose erano rimaste sulla carta.
Il
mio sospetto era fondato, tuttavia la carta che avevo avuto a disposizione non
disponeva di una traduzione su cui fare pieno affidamento, per cui ho aspettato
pazientemente che fosse pubblicata un’edizione italiana “riveduta e corretta”
da un unico team di traduttori, e che rispettasse un po’ di più le linee di
continuità tracciate da una saga che era stata comunque pubblicata a puntate,
seguendo anche dei ritmi
cinematografici.
La
nuova edizione economica della Salani, curata da Stefano Bartezzaghi è di fatto
venuta incontro alle mie esigenze, coniugando economicità e continuità
consapevole dello stile traduttivo, e soddisfacendo la mia curiosità di
lettrice.
Ho
quindi intrapreso una lettura che è durata quasi un anno e che
inizialmente rispondeva alla mia
necessità di scoprire cosa mancava nei film di Potter, ma che poi è diventata
la scoperta di un mondo di carta di cui nella saga cinematografica si
percepisce appena l’odore.
È vero: la carta non
tradisce mai, e i mondi che costruisce sono densi di significato più di
qualsiasi altro supporto, perché sono connessi intimamente con la vena
fantastica di ogni singolo lettore che
li plasma e li colora di un’originalità tutta sua.
Di
fatto la prima significativa scoperta che ho fatto è stata quella che io,
Harry, Ron ed Hermione siamo più o meno coetanei: la sua storia si dipana negli
anni in cui si è consumata la mia adolescenza (1991-1998), certamente questo è
un nesso generazionale, e poco si adatta alla definizione di classico
che è ormai necessario attribuire alla saga di Harry e dei suoi amici; tuttavia
credo di aver istituito un legame privilegiato con le pagine che avevo
cominciato a leggere perché sentivo la loro proporzionalità e affinità a uno
specifico periodo della mia vita. Ho plasmato insomma un mio punto di vista,
condivisibile con un’intera generazione e universalizzabile rispetto alle
altre.
Ho
appena fatto cenno alla definizione di classico assolutizzandola, e non
indirizzandola specificamente ai ragazzi, i quali sono i destinatari
privilegiati, ma non gli unici, delle vicende di Harry Potter.
In
primo luogo la saga di Harry è un classico che si rivolge a tutti perché
presenta diversi livelli di lettura. Il primo, quello superficiale, è più
facilmente percepibile e fruibile, in
quanto vive della storia e nella storia costruita dall’autore, senza sovrasensi
e strutture da scoprire, ed è in fondo quello sfruttato a livello
cinematografico. Ci si concentra sulle avventure di Harry e dei suoi amici,
seguendo un andamento tutto sommato lineare, senza eccessivi flashback o
digressioni, che non siano funzionali alla vicenda principale.
Ma
nei libri di Harry Potter le digressioni ci sono e aumentano in modo esponenziale
a partire dal Prigioniero di Azkaban,
costruendo una rete di rapporti e interconnessioni intertestuali di
spessore notevole; le vicende di Tom Riddle e quelle di Albus Silente, sono dei
veri e propri racconti nel racconto,che mostrano l’una la caduta e l’altra
l’ascesa, affatto priva di lati oscuri di due grandi personaggi della saga:
l’antagonista per eccellenza, e il 'regista
letterario' (l’artefice), entrambi desiderosi di sconfiggere la morte, sebbene
con mezzi diametralmente opposti,ma in ogni caso estremi.
A
ben vedere, un singolare collante tra i singoli romanzi è costituito dalle
figure degli Elfi domestici, e dal loro complesso e controverso ruolo di
aiutanti dei maghi: all’eroico (e pasticcione) Dobby che fa la sua apparizione
in Harry Potter e la Camera dei
segreti, si affiancano la tormentata Winky, e soprattutto il sofferente Kreacher,
elfo fedele, e incompreso nella sua dignità di servitore, della famiglia Black,
e tutti gli elfi senza nome di Hogwarts.
Un luogo della vicenda che assolve alla funzione
di collante intertestuale è senz'altro la casa degli zii di Harry, in cui il
ragazzo deve tornare ogni anno fino ai suoi 17 anni, in quanto è protetta dall'incantesimo del sangue che scorreva nella vene di sua madre Lily e scorre ancora
in quelle di sua zia Petunia, figura controversa di sorella maggiore, diversa e
infelice nella sua normalità che l’ha separata irrimediabilmente dalla sorellina minore e che mostra una sua
inaspettata, dolorosa, profondità.
E
ancora un luogo intertestuale è la sempre affollata Tana dei Weasley, la casa
in cui Harry scopre il vero significato di famiglia e apprezza il calore delle
figure genitoriali di Arthur e Molly, il padre un po’ svampito ma sempre
presente e la mamma - chioccia, energica e protettiva.
Inutile soffermarsi sulla scuola di Hogwarts,
millenario teatro di incontro e formazione che sulla carta coinvolge
attivamente non solo la generazione di Harry, ma anche quella dei suoi
genitori, di Tom Riddle e di Albus Silente.
I
luoghi disegnati dalla carta sono del resto molteplici rispetto a quelli
rappresentati nelle pellicole, e permettono ai lettori di costruire una sorta
di ecosistema parallelo e intrecciato con quello babbano: Il binario Nove e 3/4
della stazione di Londra; Diagon Alley, luogo di intersezione fra in mondo dei
maghi e degli uomini privi di poteri magici; il villaggio di Hongsmeade,
ritrovo degli studenti di Hogwarts nei loro momenti di libertà; il numero 12
di Grimmauld Place, casa di Sirius Black ereditata da Harry dopo la sua
tragica morte, e quartier generale dell’Ordine della Fenice; l’ospedale di San
Mungo; la banca della Gringott e il Ministero della Magia con i loro misteriosi
uffici e corridoi.
Harry
e i suoi amici vivono in modo più completo nella carta, e nei libri molte
interconnessioni che nei film sono appena percepibili diventano chiare e
importanti, tanto da poter attribuire un peso totalmente differente ad alcuni
episodi di carta rispetto a quelli di celluloide. In tal senso un episodio
cinematograficamente poco riuscito, qual è L’Ordine
della Fenice, mostra di avere una sua centralità nel mondo di carta di
Harry: è infatti in questo romanzo che si delineano in modo chiaro alcuni
motivi fondamentali che accompagneranno i lettori al termine della saga.
La Pietra
Filosofale e La Camera dei segreti costituiscono per Harry
e per i lettori i romanzi di accesso a un altro modo parallelo, per cui hanno
un tono più fiabesco nella loro relativa cupezza, Il prigioniero di Azkaban è il romanzo della conquista degli affetti
familiari e dell’idealizzazione del passato, Il calice di fuoco è il punto di svolta della saga perché è di
fatto il romanzo della rinascita di Lord Voldemort.
Con L’Ordine
della Fenice la saga di Harry arriva a un inevitabile punto di svolta: nel
suo quindicesimo anno di vita, il quarto che trascorrerà ad Hogwarts, e
l’ultimo del suo primo ciclo di istruzione, al termine del quale dovrà infatti
svolgere gli esami del G.U.F.O, Harry
sarà processato dal ministero della magia per essere stato costretto a
fronteggiare un Dissennatore nel mondo babbano; conoscerà una delle sue più
care amiche, Luna Lovegood, e dovrà
fronteggiare la minaccia di Dolores Umbridge, inviata ad Hogwards direttamente
dal Ministero col ruolo di insegnante di
Difesa contro le Arti Oscure e in seguito di Inquisitore Supremo, e con lo
scopo di mettere a tacere le voci del ritorno di Voltemort.
Proprio
in aula si consuma un duro confronto tra
insegnate e allievi che mostra la maturazione di un interessate e attualissimo
punto di vista:
-[...]
è opinione del Ministero che una conoscenza teorica sarà più che sufficiente a
farvi superare gli esami, e dopodutto è questo lo scopo della scuola.[...]-
-[...]
e al G.U.F.O. non c’è anche una prova pratica di Difesa contro le Arti Oscure?-
-Se
avete studiato abbastanza a fondo la teoria, non c’è ragione per cui non
dovreste essere in grado di eseguire gli incantesimi durante gli esami, in circostanze
di massima sicurezza- rispose la professoressa
Umbridge categorica.
- Senza
mai averli provati prima?-[...] -ci sta
dicendo che la prima volta che potremo fare gli incantesimi sarà agli esami?-
-Ripeto
che se avete studiato a fondo la teoria...-
-e a
che cosa servirà la teoria nel mondo reale?- Intervenne Harry ad alta voce, la
mano di nuovo levata.
La
professoressa Umbridge alzò lo sguardo.
-Qui
siamo a scuola, signor Potter, non nel mondo reale. - Disse piano.
-
Allora non dobbiamo prepararci a ciò che ci aspetta là fuori?-
-Non
c’è niente che ci aspetta là fuori, signor Potter.-[1]
È uno
scambio di battute corale e multiprospettico, perché esprime dei bisogni che
vanno oltre il velo fittizio delle vicenda che stiamo leggendo. Gli
interrogativi che Harry e i suoi amici pongono all’insegnante, sono gli stessi
che affliggono qualsiasi istituzione
educativa: il sapere può essere
scollato dall’esperienza senza diventare una sterile accozzaglia di teorie?
L’interrogativo dona un’aura di concretezza a un mondo che altrimenti sarebbe
solo ad esclusivo appannaggio della fantasia, e mostra il grado di maturazione
dell’adolescente Harry che, all’interno di una scuola che ha scelto l’aridità
nozionistica, recluterà e addestrerà insieme a Ron ed Hermione gli adepti di
quello che chiamerà “l’esercito di Silente”.
L’Ordine
della Fenice narra più di qualsiasi altro episodio della saga
(per certi versi ancor più dei Doni della Morte) l’ingresso di Harry
nell’età adulta, è di fatto il romanzo delle prese di coscienza, del primo
confronto del giovane con un passato sconosciuto e idealizzato. In primo luogo
il suo rapporto con Sirius Black si arricchisce di sfumature che gli mostrano
le tristezze e le debolezze dell’uomo, spezzate dalla morte datagli da
Bellatrix Lestrange, mentre tenta di difendere il suo figlioccio;
all’umanizzazione di Sirius contribuiscono anche i ricordi di Severus Piton,
violati dal giovane Harry, che scopre come il professore che considera
spregevole, da studente sia stato vittima delle angherie di Black, di Remus
Lupin e di suo padre James. è sempre in questo capitolo della saga che il legame
tra la vita di Harry e quella di Lord
Voldemort si fa più forte e inquietante:
Harry è in grado di conoscere i pensieri del mago oscuro, e soprattutto è
legato a lui (e al suo amico e compagno di scuola Neville Longbottom, nato nel
suo stesso anno, alla fine di luglio, da genitori facenti parte dell’Ordine
della Fenice) da una oscura e dolorosa
profezia di morte:
Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere il
Signore Oscuro...nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato all’estinguersi del
settimo mese...il Signore Oscuro lo segnerà come suo eguale, ma egli avrà un
potere a lui sconosciuto...e l’uno dovrà morire per mano dell’altro, perchè
nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive...[2]
Harry
è quindi il prescelto, e Albus Silente, un uomo e mago assai diverso da quello
cinematografico, profondo, tormentato e
incline ad una misurata commozione, non può fare a meno di mostrargli questo
legame:
- La
registrazione ufficiale è stata rietichettata dopo l’attacco di Voldemort
contro di te. Il custode della Sala delle Profezie era convinto che Voldemort
avesse tentato di ucciderti perché sapeva che Sybill si riferiva a te-.
-allora...potrei
non essere io?-
-Temo,-
disse piano Silente, e sembrava che ogni parola gli costasse un enorme sforzo,
-che su questo non ci siano dubbi: sei tu-.
-Ma
ha detto...anche Neville è nato alla fine di luglio...e i suoi genitori...-
-Dimentichi
la parte che segue, l’elemento finale che identifica chi è in grado di
sconfiggere Voldemort...Voldemort stesso lo segnerà come suo eguale. E così ha fatto, Harry. ha scelto te, non
Neville. Ti ha inciso sulla fronte quella cicatrice, che si è dimostrata
insieme una benedizione e una maledizione-.
-Ma
potrebbe avere scelto il ragazzo sbagliato!- Esclamò Harry. -Aver segnato la
persona sbagliata!.-
- Ha
scelto il ragazzo che a suo parere aveva più probabilità di costituire un
pericolo- Disse Silente. -e nota bene, Harry: non il Purosangue (che secondo il
suo credo è l’unico mago degno di esistere) ma il Mezzosangue come lui [...]-
-[...]
Perché ha tentato di uccidermi quando ero un neonato? Perché non ha aspettato
che Neville o io crescessimo, per poi uccidere quello che gli sembrava più
pericoloso...?-
-Sì,
in effetti sarebbe stato logico - disse
Silente, - ma il fatto è che le sue informazioni sulla profezia erano
incomplete. La Testa di porco, che Sybill aveva scelto perchè costava poco, ha
sempre attratto una clientela più...come dire?... interessante dei Tre manici
di Scopa. [...]Naturalmente, quando avevo fissato l’incontro con Sybill
Trelawney, non potevo immaginare che avrei sentito qualcosa di importante. Ma
ho - abbiamo - avuto un colpo di fortuna: l’ascoltatore indesiderato è stato
individuato e buttato fuori quando Sybill aveva appena cominciato a declamare
la profezia.-
-Perciò
ha sentito solo...?-
-Solo
l’inizio [...]-
-Harry
chiuse gli occhi. Se non fosse corso a salvare Sirius, Sirius sarebbe morto...-La
fine della profezia...” chiese, senza dare molta importanza alla risposta, più
che altro per allontanare il momento in cui avrebbe dovuto pensare di nuovo a
Sirius. -Come diceva...? Qualcosa come...nessuno
dei due può vivere...-
-...se l’altro sopravvive - concluse Silente.
-Ma
questo...- disse Harry, estraendo a fatica ogni parola dal profondo pozzo di
disperazione che gli si era spalancato dentro, -questo significa che...uno di
noi dovrà uccidere l’altro...alla fine?-
-Sì-
rispose Silente.
Rimasero
a lungo in silenzio. [...]
-Sento
di doverti un’altra spiegazione, Harry- disse Silente esitando. -Ti sarai
forse chiesto perché non ti ho nominato prefetto...Confesso...di aver
pensato...che avevi fin troppe responsabilità sulle spalle-.
Quando
Harry alzò lo sguardo, vide una lacrima scivolare sul viso di silente e
scomparire dentro la lunga barba d’argento.[3]
Con
la profezia della professoressa Trelawney Silente pone Harry davanti alla dura verità, alla
stregua di un oracolo greco, in una sovrapposizione di piani che fanno del ragazzo un novello Oreste, e un Edipo,
eroe involontario e infelice che fonde nella sua persona antico e moderno,
assassino necessario per un bene superiore e incomprensibile.
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