Danteide di Piero Trellini, pubblicata da Bompiani
all'inizio del 2021, è un viaggio che
inizia da un mucchio di ossa.
Questo si focalizza
inizialmente su un teschio e su ciò che esso ha contenuto, dipanandosi in un
percorso di suggestioni, avvenimenti, micro e macrostorie raccolte, subite e
vissute dal detentore di quelle misere ossa, di quel teschio e della sua
eccezionale materia grigia che ha cessato di essere percorsa dalla scintilla
della vita esattamente 700 anni fa, ma che tanto ha fatto e scritto, concependo
e costruendo il classico per antonomasia della letteratura italiana: La Commedia.
La Danteide di fatto ci parla di Dante Alighieri in modo centrifugo,
indagando i mondi con i quali è venuto
in contatto e ne hanno influenzato le concezioni, le forme e i contenuti
poetici. Racconta storie che in Dante sono appena accennate, o che sono in
qualche modo date per conosciute contestualizzando i canti danteschi, accendendoli di suggestioni che possono, a
onor del vero, aver avuto un ruolo fondamentale nella concezione del milieu creativo dantesco.
Un'idea precisa anima
di questa costruzione- ricostruzione, che non vuole essere storica pur
essendolo, e che presenta una complessità
interpretativa che la pone a un livello metaletterario, questa è
chiaramente espressa dal suo autore quasi in chiusura del volume:
Lo spazio
della storia è un tempo raccolto. Ma più
ci allontaniamo e più quegli uomini perdono dignità. Vivono dentro una pagina,
poi in una riga, infine rimangono un nome. Così
alla fine veniamo a sapere solo di titoli, colori e fa ioni, perdendo,
nei limiti della brevità, le origini, i motivi, le vite, le storie, la
complessità nascosta dietro ciascuna
dicotomia. Dante di quel presente assorbì la versione integrale. Ma anche lui
fu portato a semplificarlo. La complessità
del suo disegno lo costrinse a ridurre, magari a un verso, le vite degli
altri, lasciandocene solo l'essenza.[1]
Il viaggio centrifugo,
partendo da quell'essenza, prova a ricostruire storie perdute, nascoste e conservate nelle cronache medioevali e
sconosciute ai più, le riannoda, le sintetizza in mappe mentali e parole
chiave, mostrando ai lettori la vera storia di Ugolino, narrando le vicende di
una figura cruciale come quella di Guido da Montefeltro, facendo emergere
dall'oblio della macrostoria figure secondarie come quella di Tebaldello, o di
un povero prete, raccontando dei ratti arrivati dalle Indie e dei danni che
arrecavano, e dei continui scambi con il mondo arabo che trovano nella Commedia
dantesca ben più di un flebile accenno,
costituendone l'ossatura fantastica.
La Danteide non pretende dunque di essere una biografia
in quanto racconta le amorose corrispondenze col mondo di un'anima, di
una eccezionale materia grigia che non
ha lasciato traccia nelle cavità del teschio dantesco, ma che, figlia del suo tempo, lo ha plasmato
secondo le sue esigenze artistiche, linguistiche, umane.
Elaborò la
concezione grandiosa di un poema attraverso il quale lanciare un monito
all'umanità. Per questo motivo adottò
come lingua il volgare, non il latino, così da arrivare a tutti. Preferì come genere la
poesia, perché essa solo, e non la
prosa, poteva unire cielo e terra. Grazie a essa disseminò il suo poema di
simmetrie, corrispondenze, codici, allusioni e profezie. Lo organizzò in tre
parti, composte da canti formati da versi, strutturati in terzine. Racchiuse al
loro interno significati letterali, allegorici, morali, scientifici, storici,
filosofici, religiosi e anagogici. Scelse la struttura delle narrazioni
dell'aldilà. Fu forse Brunetto [ Latini] a suggerirgli una gabbia di sapore
islamico. Comunque andò, quando la scoprì, capì
subito che era perfetta. Dentro vi racchiuse quanto era impresso nel suo
cervello, i saperi appresi, le storie conosciute, i pettegolezzi origliati, Le
vite degli altri. L'oltretomba gli permise di costruire una prospettiva
grandiosa, di giudicare la cronaca del suo tempo di mescolare passato e
presente, scritture e mitologia, finzione e realtà, ma anche di esprimere il
suo rancore, attuare la sua vendetta, concretizzare la sua rivalsa, impartire
la sua morale.[2]
Questo è ciò che prova
a ricostruire la Danteide.
Piero Trellini si
è avvalso di quasi cinquemila documenti[3] per
costruire un affresco cartaceeo ricco di suggestioni in cui ciò che nelle
parole di Dante era visto come la decadenza di un'epoca si rivela per quello
che è: un momento di trasformazione in cui il Medioevo finisce e lascia spazio
all'uomo che rinasce. La memoria di Dante ce l'ha consegnata attraverso la sua
memoria che l'ha fatta diventare storia, intesa come costruzione
poetico-narrativa.
La Danteide non è un testo
scientifico come lo si intenderebbe nel mondo accademico, tuttavia consegna
agli appassionati e agli studiosi di Dante una ineffabile percezione: quella
della creazione che nasce dalla vita vissuta.
[1] Piero Trellini, Danteide,
Bompiani, Milano, 2021 p. 526
[2] Ivi, pp. 484, 485
[3]
Per
la maggior parte in formato elettronico, è questo un altro parto creativo del lockdown del 2020
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