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PRIMA
DI COMINCIARE: COSA È LA LETTERATURA ITALIANA?
Nei prossimi due anni affronterai lo studio della letteratura italiana; ma cosa
sarà mai questa letteratura? I poeti e gli scrittori di tutto il mondo hanno
affidato alla scrittura i loro più bei pensieri, alcuni si sono persi nel
tempo, altri invece si sono tramandati negli anni e nei secoli, diventando
famosi, al punto da definirsi dei CLASSICI.
Immagina di riunire in un'unica grande libreria tutti le opere scritte dai più
grandi artisti, quelle che sono state considerate così belle e preziose da
rimanere vive nei secoli regalando emozioni e riflessioni a chi le legge oggi
come ieri. Concentrati in particolare
sui poeti e sugli scrittori italiani che parlano la nostra lingua e non hanno
bisogno di essere tradotti, lasciando stare francesi, inglesi, russi, spagnoli,
tedeschi o americani: ecco, questa è la nostra letteratura, la letteratura
italiana.
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SI
FA PRESTO A DIRE VOLGARE
Fino alla caduta dell'impero romano le persone importanti e
colte parlavano latino, anche se, quando erano a casa, preferivano non perdere
tempo dietro alle mille regole di questa antica lingua, per cui la
semplificavano, per renderla più facile da parlare. Tuttavia i documenti continuavano a essere scritti in latino, fino
a che, intorno all'VIII secolo, le diverse popolazioni europee, stanche di
scrivere in una maniera e parlare in un'altra, cominciarono a scrivere come si
parlava. La lingua del volgo (ovvero la lingua del popolo) sostituì pian piano
il latino; nei diversi stati europei, e nelle varie regioni si cominciò a
parlare e a scrivere in volgare. Di fatto vi erano moltissimi volgari; il poeta
e scrittore Dante Alighieri in un importante libro dedicato alla parlata
volgare solo in Italia ne contava ben quattordici!
Se possiamo definire il volgare come la lingua parlata dal
popolo, possiamo anche immaginarcelo come un dialetto: in Sicilia si parlava il
volgare siciliano, in Toscana quello toscano, in Emilia Romagna quello
romagnolo, nelle Marche il marchigiano e così via...anzi, a voler essere più
precisi, le regioni italiane (ma anche quelle spagnole e quelle francesi) prenderanno
il nome dai volgari che vi si parlavano, proprio perchè, nel medioevo le venti
regioni italiane ancora non esistevano. Una cosa è certa, dal momento che tutti
i volgari provenivano dal latino si somigliavano un po', quindi non era così
difficile capirsi, anche se ci voleva un po' di impegno a tradurre un dialetto
in un altro.
Se prima furono solo i documenti ufficiali, scritti dai
giudici e dai notai, ad essere redatti nei vari volgari, pian piano anche gli
scrittori e i poeti (che spesso erano gli stessi notai e giudici) cominciarono
ad usare il volgare per scrivere piccoli componimenti poetici. Stava nascendo
la letteratura italiana, ma ancora c'era un po' di strada da fare, proprio
perchè ogni poeta scriveva nel proprio volgare.
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LA
PAROLA A FRANCESCO DI ASSISI
Le prime opere in volgare che ebbero una grandissima
diffusione furono le prediche, proprio quelle delle messe, perchè queste
continuavano ad essere dette in latino, e bisognava spiegare al popolo cosa
dicevano le scritture.
Intorno al XII secolo
insieme alle prediche cominciarono anche a diffondersi delle semplici preghiere,
soprattutto in Umbria. E proprio ad Assisi, fu scritta una preghiera-poesia che
ancora oggi viene considerata il primo classico della letteratura italiana: Il CANTICO DELLE CREATURE, l'autore
di questa delicata ed emozionante poesia è Francesco, ovvero San
Francesco d'Assisi, il fondatore dell'ordine dei francescani, nonché santo
patrono d'Italia.
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UN
SOLO VOLGARE PER L'ITALIA DEGLI SCRITTORI E DEI POETI
Francesco, di fatto, parlava e scriveva in volgare umbro, e,
almeno fino al XIII secolo ogni poeta avrebbe espresso le sue emozioni nel
proprio volgare. Tuttavia un argomento accomunava tutti i poeti e scrittori
dell'epoca: desideravano parlare e scrivere d'amore. L'amore era un motivo di
moda in tutta Europa, soprattutto in Francia e nel Sacro Romano Impero, e quando re Federico II di Svevia, si trasferì dalla Germania
a Palermo, fondandovi la sua corte, si circondò di poeti che volevano scrivere
d'amore, dando origine una vera e propria scuola di poesia: la SCUOLA SICILIANA, della quale
facevano parte personaggi molto famosi all'epoca: Jacopo da Lentini, Pier delle Vigne, Cielo d'Alcamo. Questi
poeti cantavano l'amore paragonando le donne ai feudatari e i loro innamorati
ai vassalli, pronti a tutto per loro e per un loro cenno.
Quando, circa un secolo dopo, esattamente tra la fine del 1200
e l'inizio del 1300, Dante Alighieri si imbattè nelle opere dei poeti siciliani
ne rimase folgorato: le trovava bellissime, solo che, per capirle pienamente
aveva la necessità di tradurle dal volgare siciliano a quello toscano, Dante
infatti era fiorentino.
Era anche un po' dubbioso rispetto al significato che i poeti
siciliani attribuivano alla donna e all'amore: per lui e per il suo maestro Guido Guinizzelli, la donna non
è simile a un signore feudale, ma è un
vero e proprio angelo del paradiso, che suscita nell'uomo che la ama sentimenti
di perfezione e lo avvicina a Dio!
Questi due aspetti problematici della Scuola siciliana
dovevano essere superati e risolti, e dal momento che Dante era un tipo in
gamba, si diede da fare in tal senso.
In primo luogo, fece sì che la traduzione in volgare toscano
dei poeti siciliani diventasse quella ufficiale, facendo letteralmente sparire
i componimenti in lingua originale siciliana. Dopo di che scrisse degli importanti trattati, in cui spiegò per
filo e per segno come si doveva scrivere in volgare, ipotizzando la nascita in
un volgare che fosse
- illustre ovvero importante
- cardinale, con delle basi tali grammaticali e linguistiche da superare tutti gli altri volgari e diventare il loro cardine, ovvero il loro punto di riferimento
- regale perchè se ci fosse stato un re d'Italia avrebbe usato quella lingua alla sua corte
- curiale perchè doveva essere degno di essere parlato anche in luoghi importanti come le chiese e i tribunali.
Questo fantomatico volgare però
somigliava tantissimo a quello fiorentino!
Dante di fatto proclamava e giustificava con validissime
motivazioni la superiorità del toscano e del fiorentino rispetto a tutti gli
altri volgari, e per consacrarlo ancora di più spiegò dettagliatamente come
dovevano essere scritte le poesie d'amore, e diede un nome alla sua maniera di
scrittura e a quella dei suoi seguaci: il DOLCE
STIL NOVO. Questo dolce e nuovo stile di scrittura trasformava quindi
le donne in angeli, e contrapponeva il volgare toscano, elegante e leggiadro, a
quello siciliano, aspro e difficile.
Il dolce stile di Dante e dei suoi amici fece così tanto
tendenza che ebbe anche dei poeti che vi si opponevano, scegliendo di
raccontare l'amore con una vena comica e realistica, e anche un po' aggressiva.
il più famoso di essi fu Cecco Angiolieri, che conosceva Dante molto bene, ma
anche il buon Alighieri si divertì a scrivere poesie provocatorie e un po'
ingiuriose.
Ancora oggi Francesco e i poeti della Scuola Siciliana sono
considerati gli iniziatori della letteratura italiana, ma Dante Alighieri, con
la sua audacia e genialità ne è considerato
il vero padre, nonchè l'inventore dell'italiano,
una lingua che, modellata dal grandissimo poeta usando come base il dialetto di
Firenze, spiegata in tutte le sue
sfaccettature nei trattati di Dante, scritti sia in latino che in volgare, sarà
consacrata a lingua letteraria nazionale soprattutto grazie alla sua più grande
e maestosa opera: LA DIVINA COMMEDIA.
Ecco perchè ancora oggi non possiamo fare a meno di notare
che l'italiano non è altro che un dialetto come gli altri (il fiorentino
appunto) ma un dialetto che, "con i giusti agganci", ha fatto
carriera, diventando la lingua di tutti.
Letizia Magro