Decidere
di leggere Il Signore degli anelli dopo aver visto e rivisto la trilogia di Peter
Jackson, potrebbe essere giudicata una scelta ridondante nonché faticosa, vista
la ponderosità del capolavoro letterario di J.R. R.Tolkien.
Dopotutto
l'opera cinematografica ci ha regalato una riduzione filologicamente
attendibile (ovvero, un'interpretazione comunque personale) dei tre libri, gli
effetti speciali hanno permesso agli spettatori di vivere esperienze che
sarebbero rimaste appannaggio della loro pura immaginazione, gli attori hanno dato il loro corpo e il loro
sangue ai personaggi, facendoli agire, soffrire e gioire insieme a noi
attraverso il medium del grande schermo. Il
Signore degli anelli è quindi un romanzo diventato una sceneggiatura che ha aperto la strada a tanti altri
romanzi-copioni di genere affine i quali, appena pubblicati, sono diventati dei
film o delle serie fantasy.
Tuttavia
si arriva subito a una chiave di volta: Molti racconti fantasy hanno avuto appena
il tempo di essere pubblicati e sono stati trasformati in un prodotto visivo e commerciale,
è quello che è successo anche ai romanzi di Harry Potter, sebbene in tal caso
l'intento della saga letteraria fosse squisitamente educativo, e questo
elemento si è riversato anche nei film ispirati al maghetto. La letteratura
fantasy contemporanea è insomma un prodotto che aspira alla riduzione
cinematografica essendo carica di creature sempre più strane e bisognose di effetti
speciali sempre più raffinati per
prendere vita.
Il Signore degli anelli è stato concepito più di sessant'anni fa, ed è
innanzitutto una sapiente costruzione letteraria che interseca tra loro temi fiabeschi, motivi ispirati alle saghe
nordiche e valori esemplari dell'epica classica, cuciti con acribia filologica,
geografica e storiografica tale da
permettere all'autore di inventare e rappresentare con realistica puntualità luoghi, ere e linguaggi. Questo è forse
l'elemento meno interessante per il pubblico di massa, ma è tuttavia inconfutabile il fascino che emana nei lettori più attenti e
bendisposti: mappe, alfabeti, pronunce, periodi storici ed alberi genealogici inesistenti
eppure documentati e ricostruiti in accurate cronologie in appendice ai tre
(ovvero sei) libri di questa saga il quale scopo è chiaramente quello di una
manzoniana verosimiglianza alla rovescia: i farri appartenenti alla dimensione
fantastica diventano più reali della realtà stessa anche in forza
dei fanta-documenti che ne danno testimonianza.
La
dimensione epica del racconto è certamente quella che si coglie meglio attraverso
la lettura del Signore degli anelli: il valore del canto e delle storie è più
volte riaffermato nelle pagine del romanzo di Tolkien, Gli Ent elencano i nomi
delle creature della terra di mezzo per mezzo di lunghi poemi, il gioioso personaggio,
unicamente letterario e senza tempo, di Tom Bombadil, vive cantando e ridendo, insensibile
alla seduzione di qualsiasi forma di male, Bilbo è un compositore di canzoni, e ha
scritto il libro delle sue avventure che
sarà continuato da Frodo e portato a compimento da Sam, e ogni creatura della
terra di mezzo vive di racconti e di canti istoriati che conservano e celebrano
vicende passate e presenti. Tutti appartengono ad una storia e le grandi storie
non hanno mai fine; sono riflessioni del saggio Sam che rimbalzano anche sulle
labbra di Frodo e Pipino, e il canto scioglie le tensioni e sublima le
sofferenze nel sorriso.
Quel
sorriso, che insieme alla risata pura e schietta, si oppone al male e lo
sconfigge, umanizzazione della luce che si oppone alle tenebre: il suono,
singolare in un campo di battaglia, della risata di Eowyn davanti al Re Stregone
poco prima di sconfiggerlo ne è un chiaro esempio, come anche lo sono le risate
di Merry e Pipino davanti alle rovine di Isengard quando si riuniscono
finalmente ai membri della compagnia dell' Anello, e ancora è la risata di
Gandalf a rianimare Sam e a provocare il suo pianto liberatorio
(seguito anch'esso da una risata) quando si risveglia al termine della sua
avventura e si rende conto di non aver sognato ma di essere riuscito nella sua
impresa insieme all'amico Frodo.
Anche
l'esemplarità dei personaggi è più marcata nelle pagine del Signore degli anelli rispetto al film: tutti
gli Hobbit sono “dolci come il miele e
resistenti come le radici di alberi secolari”, sebbene poi ciascuno mostri
delle sfumature caratteriali e comportamentali proprie (Sam è il saggio
coraggioso, Frodo è la vittima sacrificale incompresa, Merry e Pipino sono degli
Hobbit combattenti); Aragorn è l'impavido
e salvifico re "amato dal
mondo" che in un certo senso si oppone prima a Boromir l'impetuoso e poi
al fratello di lui Faramir, il quale è invece un personaggio riflessivo, sensibile
e coraggioso; Gandalf è il sapiente
cercatore, Gimli e Legolas sono gli amici che si completano nonostante le
differenze che li caratterizzano; Arwen è la Stella del vespro che si
contrappone alla luce del mattino di Galabriel; Eowyn è la donna guerriera che soffre
ama e combatte; lo stesso Gollum è una creatura divisa a metà vittima
dell'anello, memore del passato sereno di Smaegol, alter ego esasperato di Frodo.
Questi
sono solo alcuni degli elementi esemplari del romanzo che i film cercano di
trasmettere ma che perdono molto nella resa visiva. Leggere Il Signore
degli anelli essendo già a
conoscenza della sua trama cinematografica permette innanzitutto di recuperare
questi aspetti e di scoprire delle sottili
trame che la celluloide ha dovuto
necessariamente bandire ma che sono delle portatrici di significati profondi e
degni di essere riscoperti proprio attraverso la lettura: la lotta tra il bene
è il male è anche lotta tra le diverse forme di male, quello assoluto e quello
più umano che non possono affatto conciliarsi; il motivo della quête (ricerca) e del nostos ( il viaggio di ritorno) si
intrecciano indissolubilmente con il polemos
(la guerra) che continua oltre la missione dell'anello per la pacificazione
della Contea.
La
lettura permette inoltre di dare il nostro sangue ai personaggi e di farli
rivivere secondo la nostra personale prospettiva, e l'epos tolkieniano si presta ad essere interiorizzato e rivissuto dal
lettore attivando la sua naturale empàtheia
immaginativa.
"Le
grandi storie non conoscono fine", perchè gli scrittori hanno profuso in
esse la loro sapienza costruttiva ed emozionale ma anche perchè i lettori hanno
la facoltà di non farle morire. Non è un caso che il piccolo Bastian,
protagonista della trasposizione cinematografica di un altro grandissimo
romanzo fantasy portatore di diversi livelli di significato qual è La storia infinita di Michael Ende, citi tra i romanzi che ha
letto proprio Il Signore degli anelli, è infatti anch'esso una storia infinita, a
livello narrativo, interpretativo, ed esperienziale: il lettore può tornare indietro e rileggere una pagina
cogliendone molteplici significati, se ne possono apprezzare le vibrazioni liriche e i chiaroscuri in versi e in prosa che si fondono con la
narrazione, e ogni vicenda, nella sua verosimiglianza capovolta può sovrapporsi
alla nostra storia personale e sociale e alle storie di tutti i tempi.
Un
ultimo valido motivo per leggere Il
Signore degli anelli è senz'altro la
sua inconfutabile bellezza, che ne fa un classico, e che svelandosi pagina dopo
pagina, vince gli indugi suscitati nei lettori dallo spessore delle sue pagine,
ed emoziona con le descrizioni che indugiano nei particolari e i paragoni
pittorici di un tipo di scrittura che oggi sembra non esistere più, ma che continua
a far vibrare e a tenere desti gli animi.