Erica e i suoi fratelli, non è un racconto facilmente reperibile in libreria.
In una storia come questa, scritta da Elio Vittorini nel 1936, e rimasta
incompiuta, ci si imbatte per puro caso, come appunto è capitato a me, che in
una pigra mattina d’autunno, non avendo voglia di fare granchè, ho incrociato
con sguardo sornione un libricino un po’ ammuffito della Einaudi risalente ai
primi anni Ottanta in cui, oltre a Erica
e i suoi fratelli è possibile leggere anche un breve romanzo di Vittorini,
intitolato La garibaldina…
Considerando lo scarso volume di pagine della storiella di Erica ( poco più
di sessanta… e del resto, le piccole storie scritte da grandi autori promettono
di darti tanto, seppur in un tempo di lettura relativamente breve…), ho
cominciato a leggerla… (Se l’avventurato lettore di questa recensione,
incuriosito da quanto dirò, fosse anch’egli tentato di leggere questo racconto,
ma nello stesso tempo scoraggiato dalla difficoltà di trovarlo, avverto subito
che è molto semplice reperirlo nelle librerie, fisiche e virtuali, che trattano
la vendita di libri vecchi e usati o, ancora più agevolmente, nel primo dei due
tomi dei Meridiani Mondadori in cui sono pubblicate le opere narrative
dell’autore siracusano…)
Quella di Erica è una fiaba nera, di quelle cattive che bruciano il cuore e
lasciano una cicatrice profonda e insanabile. Erica è una bambina che cresce
insieme a i suoi due fratellini in una famiglia poverissima: come tutte le
bambine Erica crede nelle fiabe, e la povertà per lei significa pericolo di
essere abbandonata dai suoi genitori, dai quali si guarda infatti come se
fossero due nemici, in un bosco, insieme ai suoi fratelli.
Crescendo la ragazzina crede di ravvedersi e comincia a capire che le sue
sono solo fantasie fanciullesche; tuttavia la freddezza di sua madre, sempre
impegnata a racimolare qualche soldo in più per sfamare la famiglia dal momento
che il padre vede scemare la sua paga mese dopo mese, e il definitivo
licenziamento di quest’ultimo, la costringono a ripiombare nella sua paura nutrita
dalle fiabe.
Non si inganna Erica, quattordicenne assennata, la sua è proprio una fiaba,
il papà se ne deve andare per cercare un nuovo lavoro, e la madre…come sarebbe
contenta se quei tre figli non ci fossero! Come vorrebbe raggiungere il marito
lontano! E una mattina di novembre la madre se ne va. Lascia la casa e le
provviste (buone per viverci qualche settimana) in mano a Erica, la figlia
matura che crede ancora nelle fiabe, e che ama e accudisce la sua povera
casetta come fosse una sorellina minore. Ma Erica è solo una bambina e non
capisce che i vicini di casa possono approfittarsi della sua ingenuità. Così,
la moglie del ferroviere si prende la sua gallina, e qualcun altro le ruba la
farina e il carbone. Ed Erica non sa difendersi.
Ma una quattordicenne è davvero ancora una bambina? O il suo atteggiamento
rivela in realtà un’inettitudine agghiacciante, propria di chi è fisiologicamente
incapace alla vita perché la natura non gli ha fornito le armi per difendersi?
Erica non è furba, si perde nei sogni e si chiude in se stessa, non capisce
l’importanza del lavoro, ne conosce solo la crudeltà e l’ingiustizia, perché il
lavoro le ha portato via il papà e la mamma. E se il lavoro deve essere
sinonimo di crudeltà , la ragazzina non può accettare di far la serva alle
signore impietosite che la prenderebbero in casa per aiutarla ripagandola con
pochi spiccioli. sceglierà piuttosto un mestiere cattivo per sfamare se stessa
e i suoi fratelli: si legherà un nastro rosso ai capelli e nel tardo pomeriggio,
mentre loro giocano lontani da casa, si affaccerà alla finestra di casa,
aspettando i soldati che escono dalla caserma…
Non è affatto una bambina, La “disgraziata” Erica: è piuttosto
un’adolescente confusa, che comincia una discesa verso l’ inferno degli adulti
imboccando una strada insanguinata. Tre puntini di sospensione chiudono questo
racconto struggente nella sua atrocità, che doveva continuare ma è rimasto
interrotto, senza possibilità di redenzione. Interrotto e compiuto nel segno
del dolore e della fame che trasforma una bambina abbandonata in madre dei suoi
fratelli e in prostituta. Vittorini colpisce nel segno con una scrittura tersa
e visionaria che racconta e dipinge una vicenda lontana nel tempo e attuale
nelle sue tematiche: povertà, mancanza di lavoro, infanzia negata, violazione
dell’infanzia e della femminilità…
Erica ei i suoi
fratelli è una piccola perla della narrativa
italiana, un racconto lungo, che vale la pena di riscoprire,per la bellezza del
suo stile ma soprattutto per il suo potere catartico. Un piccolo dolore che viene dal passato che aiuta a riflettere anche sul
nostro presente.